NEWS

Le associazioni hanno fatto molta strada, ma le attendono nuove sfide

placeholder image

A cura di Paola Facchin, Responsabile Coordinamento regionale malattie rare, Veneto 

Credo sia un’esperienza condivisa da tutti coloro che lavorano accanitamente nel modo delle malattie rare e da molto tempo, di avere vissuto e di vivere momenti di stanchezza e di fatica in cui si ha la percezione che tutto sia immobile, che ogni passo avanti richieda uno sforzo infinito e che tutto tenda poi improvvisamente a essere messo in discussione. Ma poi riflettendo e soprattutto guardando a cosa è successo nel tempo alle nostre spalle, ci si rende subito conto di quanta strada è stata effettuata, di quante cose sono cambiate e di quante affermazioni, richieste o idee, un tempo considerate pioneristiche, siano ora ritenute acquisizioni indiscutibili. Questa è esattamente la storia delle associazioni per le malattie rare nel nostro Paese.  

Gemmate in parte come sottogruppi da alcune organizzazioni storiche presenti da tempo nel panorama italiano e molto frequentemente dedicate alla disabilità, di cui la malattia rara era solo un esempio eziologico, insieme a molte altre forme, e altre nate come fragili associazioni spesso locali, le associazioni per malattie rare all’inizio degli anni 2000 si presentavano nel nostro Paese assolutamente frammentate, divise, spesso formate da pochi soggetti, con pochissime risorse, e con una grande difficoltà a rappresentarsi nel contesto istituzionale, tanto che in molti casi la loro presidenza e rappresentazione esterna era direttamente affidata a un clinico o a un reparto di riferimento.  Allora l’ascolto delle associazioni era molto difficile e faticoso proprio a causa della frammentazione e parcellizzazione. In questo contesto in cui il mondo delle malattie rare era comunque disorganizzato, le reti di assistenza si stavano solo immaginando e i ruoli dei vari attori istituzionali e professionali non chiari, c’è stata la prima rilevante intuizione da parte di un gruppo di associazioni: quella di mettersi insieme, di formare una prima Federazione, UNIAMO, che comprendeva allora qualche decina di componenti. Nonostante le difficoltà, la federazione è cresciuta costantemente nel tempo e con essa anche l’impatto e la visione delle azioni che ha sostenuto. Analogo percorso hanno seguito altre federazioni di altri Paesi europei congiuntamente a EURORDIS, espressione dei pazienti nell’Unione Europea. Come la crescita in Italia dell’associazionismo per le malattie rare e il suo valore e impatto è fortemente legata alla crescita di Uniamo, così inizialmente in Europa la crescita del ruolo di EURORDIS è stata legata al ruolo e all’impulso che Orhanet ha dato presso la Commissione Europea. Da quei primi anni, le cose sono ulteriormente maturate ed evolute. In Italia, UNIAMO si è fatta protagonista sempre di più di progetti che hanno trovato nel Ministero delle Politiche Sociali e del Lavoro, nel Ministero della Salute, e in altre fonti pubbliche, i finanziatori e garanti istituzionali. Questo cambio di passo è stato rilevante perché legato ad una chiara progettualità, in risposta a bandi aperti e con la necessità di un’organizzazione che permettesse il monitoraggio sia contenutistico dell’attuato che del bilancio finanziario del progetto. Oltre a questo tipo di crescita, di competenza e organizzazione interna, di capacità di interagire con le Istituzioni, e di sottoporsi a valutazione esterna, questa attività progettuale ha portato ad un incremento crescente delle relazioni stabili con vari livelli istituzionali, da quello aziendale dove insistevano i Centri di riferimento per malati rari, a quello con le Università e i Centri di ricerca, a quello con le Regioni, con il Ministero e le Agenzie centrali, quali Aifa, ISS, Agenas, etc. Si è andata perciò strutturando una rete costante, intensa e molto costruttiva che ha visto una crescita parallela di tutte queste componenti che costituiscono l’ambiente italiano delle malattie rare. Esso è andato via via crescendo nel tempo e nel tipo di azioni comuni che si sono svolte, non senza intensi dibattiti, diversità di opinioni e anche accese contrapposizioni su taluni temi.  Questo è stato il terreno fertile in cui l’Italia è cresciuta nel mondo delle malattie rare e questa crescita si è riflettuta di anno in anno nel festeggiare la giornata delle malattie rare prima, e il mese delle malattie rare poi. Anche quest’estensione da un giorno a un mese è esemplificativa della strada fatta e del grande lavoro svolto.  

Per abbandonare questo clima di “amarcord” e parlare di ciò che è lo stato attuale e la prospettiva futura, vorrei ricordare che la stessa Legge sulle malattie rare e tumori rari 175/2021 è stata realizzata con un attivo, entusiastico e faticosissimo sostegno e contributo certamente delle associazioni per le malattie rare e UNIAMO in particolare, ma anche delle altre componenti istituzionali quali il Tavolo interregionale delle malattie rare a cui fanno capo tutti i Coordinamenti delle reti regionali per le malattie rare, il Ministero della Salute e della ricerca, l’ISS, Aifa, Agenas, e molti altri attori. Contemporaneamente al lungo tragitto della Legge, è partito e si è sviluppato l’altrettanto lungo, forse ancora di più, tragitto di quelli che poi sono diventati gli atti applicativi della Legge stessa, cioè il secondo Piano Nazionale Malattie Rare e il documento di riordino della rete. Vorrei ricordare che, soprattutto il primo, è stato scritto realmente a più mani, attraverso riunioni e gruppi di lavoro continui, con la scrittura, rilettura e riedizione di ogni punto e di ogni frase e quindi con una reale condivisione di pensieri, obiettivi, previsione di azioni concrete. Oggi si può ben dire che, pur permanendo naturalmente i legittimi diversi punti di vista, nei temi presenti e definiti da questi atti, c’è un’assoluta sintonia di intenti e c’è una sincera e profonda volontà di poter far sì che progressivamente le azioni individuate comunemente diventino davvero parte della vita quotidiana delle persone con malattia rara in tutte le parti del Paese. Il nostro auspicio è che questa volontà comune sia sufficiente per trasformare ciò che è scritto negli atti in disponibilità reale e concreta. Questo è il lavoro del prossimo futuro e quello in cui Associazioni e Istituzioni si sono impegnate.  

  • Data di pubblicazione 27 febbraio 2024
  • Ultimo aggiornamento 27 febbraio 2024