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Le malattie rare dal lato dei caregiver: uno studio ISS fotografa la qualità della vita di chi si prende cura dei malati rari, con un’attenzione particolare alle differenze di genere.

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Differenze di genere, ma con evidenti ricadute sociali, psicologiche ed economiche: dallo studio ISS emerge la disparità di qualità della vita tra donne e uomini quando si ricopre il ruolo di caregiver per un membro della propria famiglia con una patologia rara. Il 72,5% delle donne nella fascia d’età lavorativa tra i 40 e i 54 anni riscontra una differenza di attività rispetto al proprio analogo di sesso maschile, mentre per le donne sotto i 39 anni la percentuale sale persino all’88,9%. Soltanto la fascia d’età comprendente le persone più grandi di 55 anni vede una disparità minima tra uomini e donne nelle attività di caregiver per i propri familiari, e che si aggira attorno al 50%. La fascia d’età più problematica in termini di disparità di genere sembra dunque essere quella lavorativa.

Come affermano le stesse autrici, le donne caregiver dei propri familiari subiscono una mole di stress maggiore per la presenza di fattori aggiuntivi, tra le quali le aspettative che ricadono su di loro rispetto a un presunto ruolo di conciliazione all’interno del nucleo famigliare, il ché male si accorda con qualunque aspirazione professionale. In particolare, cercando di misurare la cosiddetta burden, è stata riscontrata un’allarmante prevalenza di risposte negative ad alcune domande del test Zerit per misurare il grado di depressione dei soggetti coinvolti. Ad esempio, alla domanda “hai paura del futuro?” il 68,5% delle donne ha risposto “sempre” o “molto spesso”, a fronte del 43,3% degli uomini. Alla domanda “pensi che prenderti cura di un membro della tua famiglia abbia condizionato negativamente la tua salute?” il 54,7% degli uomini ha risposto “mai”, mentre solo il 31.5% delle donne ha risposto in modo analogo.

Non solo, lo studio rivela un numero significativamente maggiore di ore dedicate alla cura del famigliare che soffre di una patologia rara da parte delle donne. Un dato che le autrici sottolineano come importante per la salute stessa della donna, essendoci una correlazione tra ore ‘informali’ di cura per i propri familiari e patologie cardiovascolari. Inoltre, viene evidenziato come la Risoluzione delle Nazioni Unite intitolata “Affrontare la sfida delle persone che vivono con una malattia rara e le loro famiglie” denunci a sua volta una sproporzione importante nel ruolo che donne e uomini ricoprono in questo contesto, incoraggiando gli stati membri ad adottare azioni sensibili al problema della differenza di genere, contribuendo al benessere delle persone con patologie rare e le loro famiglie. Questa viene definita dall’ONU una questione di mantenimento dei diritti umani fondamentali, laddove la cura informale dei pazienti vede anche delle ricadute socio-economiche importanti, dovute alla mancanza di strutture dedicate adeguate, e che pregiudicano la qualità della vita del paziente e dei suoi famigliari.

 Lo studio

I dati dello studio sono stati elaborati nel 2022  da ricercatrici dell'Istituto Superiore di Sanità nella cornice del progetto BURQoL-RD finanziato dall’Unione Europea, coordinato per la parte italiana dal Centro Nazionale per le Malattie Rare ISS. L'iniziativa ha coinvolto federazioni e associazioni di pazienti. I dati sono stati raccolti in forma completamente anonima e on-line, includendo caratteristiche socio-demografiche come il sesso e l’età dei pazienti e dei cargiver familiari, insieme ad informazioni relative alla relazione del caregiver con il ricevente cure, nonché lo stato matrimoniale e occupazionale del caregiver stesso. Fondamentali, nella pubblicazione dello studio, gli schemi con riportata l’organizzazione dei dati, che riportano anche le specifiche patologie prese in esame, le quali ammontano a ben dieci.

 

 

  • Data di pubblicazione 11 luglio 2023
  • Ultimo aggiornamento 11 luglio 2023