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Sport e inclusione: lungo il Tevere con una squadra speciale di canottieri

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di Daniela De Vecchis

Gioia di incontrarsi, sorrisi e voglia di allenarsi. Si vede e si respira questo il lunedì pomeriggio al Circolo Canottieri Lazio, lungo il Tevere che attraversa la capitale. Qui, nello storico ed esclusivo Circolo fondato addirittura nel 1923, si riuniscono settimanalmente una quindicina tra ragazze e ragazzi con disabilità intellettiva, principalmente sindrome di Down e disturbi dello spettro autistico, tra i 10 e i 50 anni, per praticare uno sport, il canottaggio, ma anche per divertirsi e fare nuove amicizie. Con la semplicità e l’autenticità che li contraddistingue.

Al loro fianco Debora Pennacchio, responsabile del progetto Insieme remando, sul Tevere, affiliato a Special Olympics Italia (associazione sportiva internazionale che organizza i Giochi olimpici speciali: gli ultimi sono stati i  XXXIV Giochi nazionali invernali  dal 14 al 18 dicembre 2022),  Isabella Ostate Onofrei, allenatrice e membro della nazionale romena di canottaggio, Darwin Carriel, operatore socio-sanitario specializzato che ha fatto della sua passione il suo lavoro, e altre cinque-sei persone che volontariamente, a turno, si mettono a disposizione.

“Ogni lunedì entro in una specie di ‘bolla’ fatta di tenerezza, semplicità e bellezza – racconta Debora – che nulla toglie a un allenamento serio finalizzato a competizioni e gare, anche in trasferta”. Si tratta, infatti, di un allenamento di tutto rispetto: prima il riscaldamento nella sala al coperto con i remoergometri, che simulano il movimento in barca; poi si rema in acqua, sia pur da fermi, su un banco voga; infine tutti a bordo, a gruppi di due, di quattro o di otto, in base alle barche utilizzate. “Dopo che si sono scaldati, li facciamo ‘giocare’ con il remo in acqua per vedere se sono a disagio, se non vogliono proprio montare sulla barca o se, invece, sono in una comfort zone, in quest’ultimo caso li facciamo salire e remiamo lungo il fiume. La composizione delle barche è sempre volta all’inclusione e alla sicurezza, nella barca da quattro o da otto posti c’è il timoniere, generalmente l’allenatore o il partner di esperienza. La barca è formata da metà o tre quarti di atleti special, a seconda delle loro abilità, e il resto della barca da partner. Nella barca da due persone, generalmente il partner/l’allenatore si siede dietro e accompagna la remata dell’atleta special, nel caso in cui invece l’atleta riesce a remare in autonomia il partner/l’allenatore si siede davanti e l’atleta special seguirà direttamente la remata fino a riuscire a farlo remare solo, su di una barca singola, chiamata canoino accompagnato dall’allenatore con il motoscafo, raggiungimento della massima autonomia sportiva….che ci auguriamo per tutti gli atleti speciali. L’autonomia a cui puntiamo non è solo nello sport: ogni allenamento è propedeutico alla gara ma anche alla festa. Quando andiamo in trasferta – e andiamo in tutta Italia, in treno, in pulmino, anche in aereo - siamo fuori un weekend o anche più e li portiamo anche a ballare e a visitare luoghi”.

Lo sport, così praticato, favorisce l’inclusione, “io cerco di valorizzare tutti: i ragazzi fanno le gare a seconda delle loro abilità: gareggiano in gruppi a parità di livello, e nella competizione finale tutti prendono la medaglia perché tutti iniziano e tutti arrivano fino alla fine, al traguardo”.

“Ho conosciuto il progetto per caso l’estate scorsa a Sabaudia, dove Luca ha provato canottaggio e gli è piaciuto molto – racconta Stefania, mamma di uno dei ragazzi che frequentano il Circolo -. Anche Debora si trovava a Sabaudia, lo ha incontrato e da settembre siamo qui. Lui è entusiasta, si sente accettato, qui compete con suoi pari, viene volentieri, tira fuori impegno e tenacia. Inoltre, è senza dubbio un aiuto pratico alle famiglie e al lavoro sulla consapevolezza che portiamo avanti da anni attraverso anche terapie specifiche e altre attività. La carta vincente, lo abbiamo toccato con mano, è saper accogliere le diversità”.

È volontariato sì, ma non ci si improvvisa. “Ho fatto un corso per facilitatori per ragazzi con disabilità – va avanti Debora - ma ho imparato soprattutto sul campo, facendo training on the job a partire dal 2004, da quando ho conosciuto Special Olympics che si occupa dell’inclusione, attraverso lo sport, dei ragazzi con disabilità intellettiva. Ringraziamo ogni anno il Circolo Canottieri Lazio che ci ha aperto le porte dal 2007 e continua ad ospitarci mettendo a disposizione le attrezzature per l’attività”.

Non c’è purtroppo un fondo ad hoc, ma finanziamenti spot. “Poste italiane ci ha regalato tempo fa 10 mila euro con cui abbiamo acquistato l’abbigliamento sportivo per tutti ed un supporto alle trasferte. La società Terna ogni anno stanzia un tot, con cui sono stati acquistati remoergometri, supporto alle trasferte e regalato un pulmino in fase di dismissione per la società. L’associazione AFIBI (Associazione Figli Inabili Banca d’Italia Onlus) ci ha sponsorizzato i banchi di voga, mentre la Fondazione L’Arca Onlus, tramite l’Associazione Italiana Persone Down (AIPD) ci ha comprato una barca, doppio canoino e due coppie di remi. Siamo sempre in cerca di sponsor che possano sostenerci. Ma la cosa più bella è quando si riesce a far salire in barca un ragazzo con un carattere difficile e diffidente, conquistandone la fiducia, instaurando un clima di tranquillità, che favorisce autostima, autonomia, inclusione. Il tutto nel giro di un’ora e mezza a settimana”.

E alla fine, prima di salutarsi, tutti di nuovo nella sala al coperto, una specie di palestra, questa volta a ballare e a cantare.

UNIAMO, Firmato l’accordo di collaborazione con Special Olympics Italia

Guarda anche l’esperienza del Tevere Remo Special Team

  • Data di pubblicazione 19 dicembre 2022
  • Ultimo aggiornamento 19 dicembre 2022