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SLA, nel mirino degli scienziati un farmaco sperimentale che promette un rallentamento dei sintomi

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di Daniela De Vecchis


Sono incoraggianti i risultati della sperimentazione di Tofersen, il farmaco contro la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), rivolto però solo a un piccolo gruppo di pazienti con SLA, ossia coloro che presentano una particolare mutazione del gene SOD1. Lo studio clinico di fase III – pubblicato sul New England Journal of Medicine e sponsorizzato da Biogen – ha coinvolto 40 centri clinici in tutto il mondo e 108 pazienti, 72 trattati con Tofersen e 36 con placebo. Per l’Italia ha partecipato l’Ospedale Le Molinette di Torino, con cinque pazienti provenienti da diversi centri della penisola. Abbiamo parlato con Adriano ChiòDirettore del Centro Regionale per la SLA presso Le Molinette, a cui è andato il Forbes Norris Award 2021, massimo riconoscimento mondiale nel campo clinico della SLA.  

 

 Prof. Chiò, come funziona esattamente il Tofersen? E cosa migliora nei pazienti? 

“Tofersen è un oligonucleotide antisenso (ASO) che agisce a livello dell’RNA messaggero inibendo la sintesi della proteina SOD1. E’ pertanto utilizzabile solo nei pazienti affetti da SLA che siano portatori di mutazioni del gene SOD1, che corrispondono a circa il 2% di tutti i pazienti con SLA. Nello studio recentemente pubblicato è stato osservato che questi pazienti trattati con Tofersen presentano, rispetto a quelli trattati con placebo, un importante rallentamento della velocità della malattia e in qualche caso un arresto della progressione, che risultava evidente dopo sei mesi di trattamento. A questo si accompagna il calo di un marcatore di danno neuronale: i neurofilamenti a catena leggera. Il centro di Torino è stato l’unico centro italiano a partecipare allo studio, ma voglio ringraziare tutti i colleghi di altri centri che ci hanno segnalato i pazienti da loro seguiti per essere introdotti nel protocollo sperimentale”.

 

Dunque, allo stato attuale, è una terapia promettente solo per chi ha quella mutazione e con maggiori risultati in caso di trattamento precoce, è così?

“Sì, solo i pazienti portatori di mutazioni del gene che codifica la proteina superossido dismutasi di tipo 1 (SOD1) sono suscettibili a questo trattamento. Inoltre, i dati dello studio indicano che prima si inizia la terapia maggiore è la possibilità di ottenere un effetto rilevante”.

 

Come si può accedere al farmaco in questione? 

“In Italia l’azienda produttrice ha messo a disposizione gratuitamente di tutti i pazienti con mutazione SOD1 il farmaco. Il neurologo che segue un paziente deve richiedere la fornitura all’azienda, previa approvazione nominale del comitato etico della propria struttura”.

 

Quali i prossimi passi delle sue ricerche? E chi altro, nel mondo, sta cercando una terapia per questa patologia? 

“Stiamo attualmente studiando diversi farmaci che potrebbero essere utili nella SLA. Fra questi, voglio ricordare un altro ASO contro un differente gene correlato alla SLA, il gene FUS, che interessa circa l’1% dei pazienti, e anche un ASO rivolto a un altro gene di rischio della SLA, l’atassina 2. Per entrambi gli studi siamo l’unico centro in Italia. Inoltre, sono sotto osservazione diverse molecole rivolte a tutti i pazienti con SLA, molte di queste ricerche sono portate avanti da centri italiani e sono parte di grandi studi internazionali”.

 

Lei ha aperto in Italia il primo ambulatorio pubblico, alle Molinette, dedicato alla SLA. Come è avvenuto il suo 'primo' incontro con questa patologia?

“Nel 1988 ho avuto l’opportunità di attivare un ambulatorio multidisciplinare per la SLA anche grazie a un impulso dato dal mio maestro, il professor Davide Schiffer, allora direttore della II Clinica Neurologica dell’Università di Torino. In realtà, il primo incontro con la patologia per me è stato in occasione della mia tesi di laurea e successivamente con le mie ricerche durante la scuola di specializzazione nel campo dell’epidemiologia della SLA che mi hanno portato, diversi anni dopo, a istituire il primo registro epidemiologico prospettico per la SLA nel mondo, tuttora attivo e che dopo oltre 25 anni sta fornendo importanti elementi di conoscenza della malattia e dei suoi fattori di rischio. Ovviamente le mie ricerche mie e quelle del mio gruppo si sono estese ad altre aeree, come, ad esempio, la genetica, i disturbi cognitivi e le neuroimmagini”. 

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  • Data di pubblicazione 2 dicembre 2022
  • Ultimo aggiornamento 2 dicembre 2022