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ONU, la Risoluzione che rende visibili le sfide degli invisibili

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di Flaminia Serra

Sono 300 milioni le persone che nel mondo vivono con una malattia rara e le sfide che affrontano ogni giorno sono difficili da raccontare perché toccano molteplici aspetti della vita: dall’inclusione scolastica e lavorativa al fronteggiare la carenza di servizi sociosanitari adeguati e sistemi di welfare troppo distanti dai bisogni reali, per non parlare del tempo che impiega mediamente una persona con malattia rara per ricevere la diagnosi (dai 4 ai 7 anni, stima EURORDIS). 

La mancanza di conoscenza e di informazione sulle malattie rare provoca anche esclusione sociale, discriminazione e stigma e a farne le spese sono soprattutto le donne e in particolare quelle dei Paesi a basso e medio reddito dove la malattia spesso viene vista come una maledizione o una punizione divina o addirittura una colpa da espiare. 

Dal 16 dicembre 2021 la comunità mondiale delle persone con malattia rara può però contare su un nuovo strumento di promozione dell’equità che rafforza la loro voce in tutto il mondo: la Risoluzione ONU “Addressing the Challenges of Persons Living with a Rare Disease and their Families”, promossa da Rare Diseases International (RDI) insieme a NGO Committee for Rare Diseases e EURORDIS

“La prima sfida è tirar fuori dall’ombra le difficoltà che le persone con malattia rara affrontano nel corso della loro vita e la Risoluzione ONU in questo senso è stata fondamentale perché ci ha permesso di ottenere visibilità e riconoscimento a livello mondiale e di rendere visibili gli invisibili” dichiara Flaminia Macchia, Direttrice Esecutiva di RDI.

Come è nata RDI e qual è la sua mission? 

 “RDI è l’Alleanza mondiale delle persone con malattia rara, che con più di 81 organizzazioni membri è presente in oltre 100 paesi e rappresenta le persone con malattia rara di tutto il mondo. Nasce nel 2015 come iniziativa internazionale di EURORDIS e altre organizzazioni nazionali (come NORD negli Stati Uniti, CORD in Canada, ecc.) e dal 2018 ha una personalità giuridica indipendente. La nostra missione è essere la voce comune della comunità delle persone con malattia rara e delle loro famiglie ovunque nel mondo. La nostra visione è un mondo dove tutta la nostra comunità avrà una vita migliore, con più riconoscimento, più visibilità, maggiore accesso all’assistenza sanitaria e sociale. Tre gli obiettivi principali di RDI: condurre attività di advocacy affinché le malattie rare siano riconosciute come una priorità politica a diversi livelli, rappresentare la comunità delle persone con malattia rara presso le istituzioni internazionali, come ad esempio le Nazioni Unite e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, e sostenere le azioni di advocacy condotte a livello regionale e nazionale dalle Associazioni che fanno parte del network RDI”. 

 La Risoluzione ONU è stata il frutto del lavoro congiunto di RDI, NGO Committee for Rare Diseases ed EURORDIS. Come siete arrivati a questo risultato? 

 “E’ stato proprio il risultato di un lavoro di cooperazione fra tre organizzazioni della società civile e tre Stati Membri all’interno delle Nazioni Unite. Le tre organizzazioni sono, come anticipato nella domanda, RDI, NGO Committee for Rare Diseases ed EURORDIS e i tre Paesi Membri delle Nazioni Unite, il “Core Group of Member States” sono: Spagna, Brasile e Qatar. RDI ha analizzato le Risoluzioni esistenti integrando nella Draft della Risoluzione gli aspetti relativi a molteplici aspetti legati ad una vita con una malattia rara; è stato un lavoro complesso che ha visto la partecipazione attiva del nostro Comitato di Advocacy e la sintesi di cinque richieste chiave: l’inclusione e partecipazione nella società delle persone con malattia rara e delle loro famiglie, il miglioramento dei risultati sanitari e sociali con le cure e il supporto appropriati all'interno delle risorse esistenti, la promozione di strategie e azioni nazionali, l’integrazione delle malattie rare nelle agenzie, programmi e priorità dell'ONU e la messa a punto di relazioni regolari del segretariato dell'ONU per monitorare i progressi dell'attuazione. Questa ultima richiesta non è stata integrata nel testo finale della Risoluzione che verrà riproposta all’Assemblea Generale dell’ONU in settembre 2023. La nostra proposta “The Draft from civil society” è stata poi posta all’attenzione dei Paesi sopra menzionati, ovvero Spagna, Brasile e Qatar, che hanno promosso la Risoluzione all’interno delle Nazioni Unite. Ai tre Paesi si sono aggiunti rapidamente altri 51 Paesi Co-sponsor: l’Italia è stata fra i primi ad aderire.  

La Risoluzione è stata promossa anche sul web con un’intensa campagna social veicolata con l’hashtag #Resolution4Rare. La campagna ha avuto un forte impatto e ha permesso di dare visibilità alla Risoluzione ONU e sensibilizzare i governi nazionali, le Associazioni di persone con malattia rara e anche i singoli cittadini”. 

 In che modo la Risoluzione ONU promuove il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell’Agenda ONU 2030?

 “Nel preparare la bozza della Risoluzione ONU abbiamo evidenziato i momenti più importanti della vita sociale di una persona con malattia rara e non solo quelli strettamente legati alla salute. Per un bambino che nasce con una malattia rara uno dei primi problemi è per esempio l’accesso alla scuola, all’educazione. Molto spesso abbiamo bambini che sono perfettamente capaci di seguire una scolarità “normale” ma che non vengono integrati proprio perché c’è ignoranza sulla malattia, magari si teme che il bambino sia contagioso o magari sono gli stessi professori o direttori scolastici che non vogliono assumersi la responsabilità di un eventuale primo soccorso in caso, ad esempio, di una crisi epilettica. C’è molta disinformazione che purtroppo provoca un rifiuto ingiustificato di questi bambini. Questo primo punto promuove il raggiungimento del Sustainable Development Goal (SDG) n.4 ovvero quello della “Quality Education”. L’esclusione scolastica comporta poi anche problematiche di accesso al lavoro che sono legate al SDG n.8 “Access to decent work”. Le persone con malattia rara non hanno solo difficoltà nel trovare lavoro ma anche nel tornare al lavoro dopo ad esempio un periodo di ospedalizzazione. I punti emersi finora rispondono anche all’obiettivo n.1 “No Poverty”: le famiglie di persone con malattia rara si trovano ad affrontare ingenti spese a fronte di una significativa diminuzione degli introiti e spesso il caregiver primario è la mamma che deve lasciare il proprio lavoro per occuparsi di un bambino o di un adulto in famiglia. A questo proposito parliamo anche di “Gender equality”, SDG n.5, le donne infatti sono le più discriminate sia in quanto caregiver che come pazienti. “Stia calma, vada dallo psicologo, faccia yoga, si rilassi”: sono solo alcune delle frasi che si sentono dire le donne che hanno una malattia invisibile. Le donne sono discriminate anche come madri. “Tuo figlio non merita di vivere, fai sterilizzare tua moglie e trovatene un’altra che ti dia figli sani”, sono, purtroppo, parole troppo spesso rivolte ai padri di bambini con una malattia rara. La Risoluzione risponde chiaramente anche all’obiettivo “Good Health and wellbeing” e al SDGs n.10 “Reduce inequalities” perché soprattutto durante la pandemia da COVID abbiamo visto che tutte queste vulnerabilità e le sfide delle persone con malattia rara si sono ulteriormente aggravate e le disuguaglianze ulteriormente accentuate”. 

 Quali sono i prossimi passi?

 “Ora bisognerà darsi da fare a livello nazionale per promuovere i Piani di Azione per le malattie rare e RDI, a livello mondiale, intende lavorare a stretto contatto con l’Organizzazione Mondiale della Sanità per concentrarsi in particolare sugli aspetti legati alla salute in senso ampio (accesso alla diagnosi, terapie, fisioterapia, farmaci, ecc.)” e all’attuazione della Copertura Sanitaria Universale.

 

 






  • Data di pubblicazione 18 gennaio 2022
  • Ultimo aggiornamento 18 gennaio 2022