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Malattie da Accumulo Lisosomiale: rare, progressive e poco note (anche tra i medici). Un corso di formazione giornalistica e una campagna informativa per conoscerle meglio

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Poco note tra gli stessi operatori sanitari, poco studiate nelle scuole di specializzazione, le Malattie da Accumulo Lisosomiale sono rare sì, ma meno di quanto dicano i numeri ufficiali: un caso ogni 7.700 nascite l’anno, diagnosi tuttavia tardive perché non tengono conto delle diagnosi da screening neonatale. Proprio loro, le Malattie da Accumulo Lisosomiale, sono al centro della campagna d'informazione "Raro chi trova - sulle tracce delle malattie di Fabry, Gaucher e sindrome di Hunter". E sempre loro sono state protagoniste del Corso di formazione giornalistica dello scorso aprile “Sulle tracce delle malattie rare da accumulo lisosomiale: il ruolo dei media per aumentare la conoscenza e migliorare la diagnosi”, promosso dal Master ‘La Scienza nella Pratica Giornalistica’ della Sapienza Università di Roma.

 

Si tratta di patologie croniche di origine genetica, progressive, che si manifestano nei primissimi anni di vita per difetto o assenza di uno degli enzimi contenuti nei lisosomi, vescicole presenti all’interno della cellula e considerati come “centri di riciclo” delle sostanze di rifiuto.

 

“Malattia di Gaucher, malattia di Fabry e Sindrome di Hunter, o Mucopolisaccaridosi tipo II, appartengono al gruppo delle Malattie da Accumulo Lisosomiale che include oltre 50 patologie rare – ha dichiarato Maria Alice Donati, Direttore SOC Malattie Metaboliche Ereditarie, Centro Clinico Screening Neonatale, AOU Meyer (Firenze) – I dati derivati dalle diagnosi cliniche per Gaucher parlano di 1 caso su 60.000 nati/anno, per Fabry di 1 caso su 40.000 e per Hunter di 1 caso su 100.000, tuttavia i numeri derivati dalle diagnosi di screening neonatale sono molto superiori. La caratteristica comune a queste patologie è il meccanismo di progressivo accumulo nei lisosomi cellulari di macromolecole di rifiuto e la conseguente progressività del decorso. La sintomatologia all’inizio è molto sfumata, tanto che può confondersi con malattie più comuni, possono passare molti anni prima che i sintomi diventino specifici. Per questo è fondamentale ampliare lo screening neonatale che attualmente in Italia è effettuato nell’ambito di progetti pilota: per Gaucher nel Triveneto, per Fabry è attivo in Toscana e in una parte del Veneto mentre non è sostenuto scientificamente per Hunter”.

 

Mediamente una diagnosi certa si ottiene a distanza di 10-14 anni dalla comparsa del primo segno o sintomo. Questo ritardo compromette l’intervento terapeutico che, oggi, prevede numerose ed efficaci opzioni.

 

“I sintomi sfumati, almeno all’inizio, eterogenei e confondenti così come il mancato orientamento del paziente verso una figura specialistica di riferimento ritardano la diagnosi, anche perché queste malattie sono poco conosciute e, quindi, poco riconosciute, tanto che si parla di ‘segni e sintomi invisibili’– osserva  Daniela Concolino, Direttore di Pediatria dell’Università degli Studi Magna Grecia di Catanzaro – Da qui la necessità di potenziare la formazione dei medici: arrivare il più precocemente possibile ad una diagnosi è fondamentale, perché oggi disponiamo di diverse opzioni terapeutiche che, se tempestive, possono evitare danni cellulari che, altrimenti, ad un certo punto, diventano irreversibili. La terapia madre è l’enzimatica sostitutiva per tutte e tre le malattie, che consiste nell’inserire l’enzima mancante o carente che arriva nei lisosomi e smaltisce l’accumulo di macromolecole. Altri approcci terapeutici sono: per la malattia di Gaucher gli inibitori del substrato che agiscono a monte dell’accumulo, e per la malattia di Fabry la terapia cosiddetta ‘chaperonica’ con piccole molecole che fanno funzionare meglio l’enzima difettoso. Più complessa la questione per la Sindrome di Hunter, nella quale la terapia enzimatica sostitutiva presenta un grosso limite: non supera la barriera emato-encefalica e, quindi, non raggiunge il sistema nervoso centrale. La ricerca sta cercando di ovviare questo ostacolo sperimentando altre modalità di somministrazione. Il futuro, invece, è rappresentato dalla terapia genica”.

 

La presa in carico di queste patologie da parte delle strutture ospedaliere deve essere a 360°. “È complessa e impegnativa la gestione dei pazienti con malattia di Gaucher, malattia di Fabry e Sindrome di Hunter, anche perché è a lungo termine – spiega Marco Spada, Direttore SC di Pediatria, Centro di Riferimento Regionale malattie Metaboliche Ereditarie, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino, Ospedale Infantile Regina Margherita – È importante che i pazienti vengano seguiti da una figura specialistica in grado di operare una sorta di regìa, in genere il pediatra esperto in malattie rare e metaboliche. Nelle malattie di Gaucher e Fabry è indispensabile avvalersi di ematologo, neurologo, nefrologo e cardiologo; nell’Hunter, si ha bisogno anche dell’ortopedico, del reumatologo e dello pneumologo. Grazie ai diversi trattamenti oggi a disposizione, la gestione complessiva e la qualità di vita dei pazienti sono migliorate. Le terapie sono disponibili su tutto il territorio nazionale e non richiedono ricovero ma possono essere eseguite in regime di day hospital, in alcune Regioni italiane è attivo il servizio di cure domiciliari riservate ai pazienti stabili”. 

 

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  • Data di pubblicazione 3 maggio 2021
  • Ultimo aggiornamento 3 maggio 2021