Per la malattia di Pompe, una rara patologia neuromuscolare, cronica e progressiva la cui incidenza generale è di una persona su 40.000, è disponibile in Italia un nuovo approccio terapeutico.
La malattia di Pompe è una patologia debilitante appartenente al gruppo delle glicogenosi, che provoca un accumulo anomalo di glicogeno nelle cellule, in particolare in quelle muscolari e cardiache. Questo accumulo impedisce il corretto funzionamento delle cellule, portando a debolezza muscolare progressiva e, nei casi più gravi, a insufficienza respiratoria e cardiaca. La forma infantile della malattia è particolarmente aggressiva, con esiti fatali entro i primi anni di vita se non trattata, mentre la forma adulta ha una progressione più lenta ma comunque debilitante.
Nel contesto di queste difficoltà, la notizia del nuovo trattamento rappresenta una vera e propria svolta. Il trattamento recentemente approvato mira a correggere il difetto genetico alla base della malattia, che è causato dalla carenza di un enzima chiamato alfa-glucosidasi acida (GAA). Questo enzima è essenziale per la degradazione del glicogeno, e quando è assente o non funziona correttamente, il glicogeno si accumula nelle cellule.
Il nuovo farmaco, sviluppato grazie agli avanzamenti della biotecnologia, fornisce una versione sintetica dell'enzima mancante, migliorando l'eliminazione del glicogeno in eccesso e prevenendo i danni cellulari.
"Si tratta di una terapia a due componenti - spiega Tiziana Mongini, professore associato di Neurologia e responsabile della Struttura Semplice Malattie Neuromuscolari all’Università di Torino e l’Aou Città della Salute e della Scienza di Torino - la cipaglucosidasi alfa, che è un enzima GAA umano ricombinante arricchito con bis-M6P, per un maggiore assorbimento nelle cellule muscolari, e miglustat, uno stabilizzatore enzimatico che favorisce una maggiore quantità di enzima a disposizione per la degradazione del glicogeno”.
Il farmaco è stato approvato dopo studi clinici che ne hanno dimostrato l'efficacia e la sicurezza. Le fasi della ricerca hanno coinvolto centinaia di pazienti in tutto il mondo e, grazie ai risultati positivi, la terapia è stata finalmente inserita nei protocolli terapeutici per la malattia di Pompe.