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HomeLab: tecnologie innovative per i disturbi del neurosviluppo

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di Asia Cione

Il 4 febbraio scorso si è svolto il Workshop sulle nuove tecnologie nei disturbi del neurosviluppo, organizzato dall’Università degli Studi di Roma La Sapienza e dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), in cui ricercatori, medici e professionisti della salute hanno raccontato i loro progetti innovativi volti a migliorare le prestazioni sanitarie per i pazienti con Disturbi dello Spettro Autistico.

Tra i vari progetti illustrati, abbiamo parlato di Homelab con Giovanni Pioggia, primo ricercatore presso IRIB-CNR, responsabile della sede di Messina, e Flavia Marino, che coordina un’equipe composta da 13 persone tra psicologhe e pedagogiste all’interno proprio dei laboratori di ricerca clinica HomeLab.

 “Il progetto Lab@Home, iniziato tre anni fa e finanziato dalla regione Sicilia nell’ambito dei Programmi Operativi del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (PO FESR) – spiega il Prof. Pioggia - si basa sull’assunto che se il trattamento terapeutico viene trasportato in una dimensione domestica il risultato è migliore. Il nostro ambiente clinico, infatti, replica un vero e proprio appartamento provvisto di salotto, cucina completa di fornelli e frigo in grado di simulare l’ambiente familiare. Questo rende possibile unire la terapia alla ritualità domestica, aiutando i bambini ad acquisire pattern (modelli ndr) comportamentali in maniera spontanea e allo stesso tempo formando i genitori sul campo, fornendo loro protocolli nella quotidianità”.

Il progetto coinvolge un’equipe multidisciplinare: “ingegneri biomedici, ingegneri informatici, psicologi, logopedisti, neuropsicologi, neuropsichiatri infantili, terapisti della riabilitazione, statistici, matematici. Circa 50 specialisti a garanzia di un approccio trasversale a questo metodo innovativo basto sulle neuroscienze traslazionali”.  Ma in cosa consiste questo metodo innovativo? “Utilizziamo la tecnologia come mediatore o come motivatore per potenziare le competenze sociali – spiega la Dott.ssa Marino –. Ad esempio, per la funzione della mediazione, utilizziamo un robot che ci permette di superare le difficoltà che i bambini autistici hanno nell’ interpretare gli stimoli visivi dati dalle espressioni che il viso assume duramente la comunicazione: Il robot, essendo privo di espressioni, aiuta il bambino ad acquisire uno schema comportamentale basato unicamente sullo scambio delle parole e di informazioni che poi sarà in grado di riprodurre con i propri pari senza subire la frustrazione legata al non comprenderli, quando troppi stimoli visivi rischiano di confonderli. Anche le espressioni del viso poi vengono decodificate in maniera chiara grazie a delle riproduzioni stilizzate delle stesse sul display del robot, posto all’altezza del suo viso, in modo da favorire un’associazione tra le emozioni base e le espressioni del viso”. Va precisato che Homelab si rivolge “a bambini tra i 4 e i 12 anni con un campione di attività molto ampio perché sviluppate in base ai bisogni dei piccoli. Sono proprio questi bisogni che, di volta in volta, dettano le diverse strategie di intervento: dal potenziamento delle competenze di base come l’attenzione visiva a quelle più complesse come la socializzazione”.

“Utilizziamo tecnologie di due tipi – va avanti Pioggia -: per acquisire informazioni e per restituirle. Le prime sono principalmente telecamere che ci aiutano a capire come si muove il bambino attraverso degli algoritmi, valutando il suo livello di coinvolgimento rispetto al prossimo: quanto riesce a rimanere focalizzato su un oggetto, quanto ‘dura’ la sua attenzione, quant’è la sua capacità di imitare, ossia di riprodurre gestualità apprese guardando gli altri e quante volte interagisce con lo sguardo del suo interlocutore per uno scambio emotivo.  Andando a raccogliere queste “misure”, riusciamo ad avere un giudizio oggettivo circa le capacità del bambino, da cui partire per potenziarle e favorire uno scambio proficuo con, in primis, i genitori”.

Vi sono poi dispositivi indossabili, come i braccialetti, “che ci permettono di monitorare il battito cardiaco valutando il livello di stress del bambino, che aumenta nel momento in cui diventa difficile per lui avere uno scambio. La terapista, appena nota i primi segnali di stress, interviene per abbassarne il livello e migliorare l’apprendimento”. Altro strumento, “un piccolo robot antropomorfo, sembra un bambino, alto 60 cm, all’altezza degli occhi ha delle telecamere, in grado quindi di restituite un check sul contatto visivo, divenendo così un mediatore dell’interazione. Parla, dialoga con il bambino inserendosi nel percorso riabilitativo, aiutando i terapisti a portare il bimbo ad avere un’interazione proficua, evitando frustrazioni, insegnandogli a rispettare i turni della conversazione, apprendendo nuove parole e migliorando la sua capacità di gestire le emozioni”.

I risultati sono incoraggianti. “Abbiamo già condotto degli studi pilota – dichiara la Dott.ssa Marino - che hanno mostrato come in tutti gli interventi in cui abbiamo inserito il protocollo tecnologico vi sia stata una maggiore velocità nell’apprendimento dei pattern comportamentali rispetto al trattamento tradizionale, accorciando oltretutto i tempi di latenza: cioè una maggiore velocità di risposta alle domande del bambino in trattamento. Un apprendimento più rapido comporta il poter lavorare su più competenze contemporaneamente e più velocemente accompagnando i cambiamenti che avvengono a livello cerebrale in una fascia d’età così delicata”.

All’attivo, vi sono, infine, altri progetti. Tra questi “INTER PARES” finanziato dal Comune di Messina nell’ambito del programma POC METRO, in collaborazione con la Dott.ssa Maria Luisa Scattoni dell’ISS, che punta a stimolare non solo nuovi percorsi educativi e riabilitativi ma anche nuove strategie di inclusione sociale e pre-lavorativa. 

  • Data di pubblicazione 16 febbraio 2023
  • Ultimo aggiornamento 16 febbraio 2023