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Sindrome di Marfan, Luca Ward: “voglio doppiare chi non ha voce”

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di Mirella Taranto

Luca Ward, uno dei doppiatori più bravi d’Italia, racconta la malattia di sua figlia Luna per ‘dare voce a chi non ce l’ha’. Le sue parole sono anche un omaggio a sua moglie Giada e al ruolo che ha avuto nell’affrontare la diagnosi della loro figlia. Un viaggio doloroso in cui la moglie di Luca non si è mai arresa e in cui ha riscritto la sua vita dedicandosi a Luna ma anche a tutta la famiglia che a sua volta riscriveva il suo equilibrio.

 Un terremoto più che una diagnosi.

“Si un terremoto vero e proprio. Quando ci siamo accorti che Luna aveva la sindrome di Marfan è iniziato l’inferno. Una malattia che colpisce il tessuto connettivo con conseguenze cardiache, polmonari, ossee era come una voragine da affrontare. Eppure mentre io annaspavo nel dolore, mi colpevolizzavo inutilmente, mia moglie si rimboccava le maniche, entrava in quella voragine, la attraversava e ne usciva con indirizzi, numeri di telefoni, e tutte le mappe nazionali e internazionali degli specialisti sul campo. Io mi domandavo cosa fare e lei aveva già il calendario in mano”.

Qual è stato il momento più difficile?

“Sono stati tanti, mia figlia aveva bisogno di un corsetto specifico e in Italia non sapevamo dove farlo, non sapevamo chi potesse affrontare tutti gli aspetti della patologia di Luna. Per fare il busto per la scoliosi e impedire che la malformazione le comprimesse i polmoni siamo andati avanti e indietro da Lione dove abbiamo continuato a curarla. Il momento più drammatico è stata la pandemia. La Francia, negando i corridoi sanitari, ci ha impedito le cure successive di Luna facendo passare la sua curva da 32 a oltre 60 gradi con grave pericolo anche per la vita”.

Un tema che ci porta all’Europa

“Già, dobbiamo decidere se siamo europei o no e, se lo siamo, la solidarietà per il diritto alle cure non può essere messa in discussione neanche, anzi soprattutto, in un’emergenza come quella pandemica”.

 Oggi come sta Luna?

“Oggi Luna sta bene ed è anche in cura in Italia, a Tor Vergata, dove ci sono ottimi specialisti che avrebbero bisogno di un potenziamento di mezzi ma che sono professionisti straordinari anche sotto il profilo umano”.

 Quanto è difficile la solitudine che procura una malattia rara?

“Io devo dire grazie a mia moglie che ha saputo tessere reti laddove non c’era neanche il filo. Che non ha esitato un attimo a dimenticarsi di essere un’attrice bravissima per dedicarsi a riorganizzare la famiglia, a ristabilire tutti gli equilibri. Io ho sempre lavorato e ho portato i soldi a casa perché i soldi, anche se non dovrebbe essere così, servono e fanno la differenza se stai male, ma quella casa senza di lei non ci sarebbe stata più se lei non l’avesse tenuta insieme”.

Ha raccontato ne “Il talento di essere nessuno”, che ripercorre un po’ la sua vita, anche la storia di Luna.

“L’ho raccontata perché il dolore deve servire a qualcosa. In questo caso raccontare deve servire a mettere sotto i riflettori le odissee silenziose di pazienti e famiglie che hanno bisogno di assistenza. Deve servire a invocare la ricerca per il futuro, perché queste malattie siano sempre più affrontabili. Deve servire per chi non ha voce, voglio “doppiare” chi soffre e non lo può raccontare”.

 MarfanVolando, favole di storie reali

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  • Data di pubblicazione 8 novembre 2022
  • Ultimo aggiornamento 8 novembre 2022