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Malattie rare, l’appello di una mamma: “come per il COVID, medici e scienziati collaborino di più per trovare le cure”

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Malattie rare, l’appello di una mamma: “come per il COVID, medici e scienziati collaborino di più per trovare le cure”

 “Gabry è sempre stato un bambino delicato ma con uno sviluppo, inizialmente, più che normale, che non lasciava certo trapelare ciò che sarebbe successo: ha parlato presto e bene, ha cominciato a camminare regolarmente. Solo il decorso delle infezioni non era normale, influenze e parainfluenze che colpiscono tutti i bambini in lui stentavano a passare. Tuttavia, dai primi accertamenti non è mai emerso nulla”. A raccontare la storia di Gabriele, che oggi ha 16 anni e vive a Salerno con una malattia metabolica rara, la Sindrome di Kearns-Sayre (KSS), è la sua mamma Elena Pellegrino.

“Intorno ai tre-quattro anni, quando di nuovo un virus lo ha debilitato, abbiamo cominciato a fare indagini più approfondite: quattro anni, tra Salerno e Napoli, di ricoveri, esami ematici e biopsie, scaturiti in una diagnosi errata e di conseguenza in una terapia sbagliata, a base di ormone della crescita somministrato tra i sei e i sette anni. Questi errori, unitamente alle persistenti infezioni virali, e sicuramente alla sindrome a cui non davamo ancora un nome, hanno peggiorato la situazione fino a provocare lo scompenso degli elettroliti” (ndr ovvero calcio, potassio, sodio, magnesio, fosfato il cui equilibrio è indispensabile alla salute dell’organismo).

Fino a quando un pediatra suggerisce ai genitori di Gabriele di recarsi a Roma all’ospedale pediatrico Bambino Gesù. “Qui il ricovero in rianimazione e finalmente la diagnosi. Ci è stata spiegata subito la gravità della malattia e siamo stati avvisati di prepararci al peggio, ad una degenerazione da lì a sei mesi”. Purtroppo, la strada si è mostrata fin da subito in salita e tuttora lo è. Gabriele ha la KSS, una malattia mitocondriale degenerativa multisistemica che fa il suo esordio prima dei 20 anni e che colpisce, secondo le stime di Orphanet, all’incirca una persona ogni 125 mila. E’ associata a malattie oculari e alla comparsa progressiva di altre manifestazioni tra cui sordità, patologia cardiaca e intestinale, miopatia dei muscoli e compromissione del sistema nervoso centrale.

“E’ successo esattamente quello che ci era stato detto e che, in cuor nostro, speravamo non capitasse, illudendoci che Gabry potesse essere risparmiato, che per lui il percorso sarebbe potuto essere diverso, non così spietato, subdolo, inesorabile nella sua corsa”. E invece, a otto anni Gabriele sviluppa la retinite pigmentosa (“inciampava e quando entravo nella stanza non mi vedeva”), è sempre più debole, ha difficoltà agli arti superiori tanto da non riuscire a prendere una penna fino ai primi dolori e tremolii, poi i balbettii e i problemi agli arti inferiori con la perdita dell’equilibrio, e poi, ancora, il blocco di branca (un’anomalia nella trasmissione degli impulsi elettrici all’interno del cuore) che lo costringe all’impianto di un peacemaker. “Oggi ha 16 anni, non vede quasi più nulla, ha un ritardo della pubertà, ma la mente è in forma, ha una grande memoria, a scuola non ha il sostegno, fa tutto con i suoi tempi ed è supportato in maniera impeccabile dagli insegnanti, dalla preside e dai suoi compagni”. In questo Gabriele è stato fortunato, perché non sempre le scuole sono preparate ad accogliere questi ragazzi che, sottolinea Elena, “hanno un gran bisogno di essere e sentirsi parte di una comunità e loro stessi possono dare tanto agli altri”.

A Gabriele è stato spiegato cosa sta accadendo al suo corpo ed “è straordinario come, al pari di altri bambini e ragazzi con la stessa malattia, molti imprigionati nei loro letti, e nonostante la stanchezza mentale che a volte lo assale, si sia abituato a ciò che succede. La sua tranquillità, la sua purezza, la sua capacità di sopportare ogni cosa, la sua forza e dignità ci sconvolgono. E’ un angelo”.

Il tempo, per i genitori di Gabriele, è un’ossessione, com’è giusto che sia, perché non ce n’è, si assottiglia sempre più e ogni sua briciola è preziosa. “So che i tempi della ricerca sono lunghi ma per noi che ogni giorno ci svegliamo con la paura che la malattia sia avanzata e abbia divorato un altro pezzetto di vita al nostro Gabry, per noi che passiamo ogni minuto a cercare soluzioni e appigli, è inaccettabile sentirsi dire: ci vuole tempo per trovare un farmaco o una cura. Perché è innaturale vedere un figlio spegnersi così, è innaturale che una mamma non possa fare nulla... Vorrei gridare a medici e ricercatori: fate tutto ciò che è in vostro potere per accorciare questi tempi! Se vi occupate della stessa cosa, se vi accorgete di stare a lavorare sul medesimo studio, collaborate, condividete le banche dati perché se ne possa usufruire in tempo reale. Ogni legame mancato tra una sperimentazione e una banca dati dove attingere informazioni utili a quell’indagine è una perdita di tempo, ripetere alcune fasi di una ricerca perché non si è a conoscenza del fatto che da qualche parte sono state già eseguite è un’altra perdita di tempo!”.

“So che esistono già reti di scienziati, di ricercatori e che Internet è in grado di collegare persone e laboratori da ogni parte del mondo – va avanti Elena - ma nel mio pellegrinaggio tra medici, associazioni, che pure lavorano tanto tra mille difficoltà, e persone di buona volontà, che nella maggior parte dei casi sono le mamme e i papà di questi ragazzi, mi sono resa conto che non sempre ci si parla quanto serve, non sempre si ottimizzano le risorse, a volte c’è troppa burocrazia, perché, in fondo, ci si rassegna all’impossibilità di cambiare marcia. E invece non può essere così! Il COVID ce l’ha insegnato: se si lavora in rete, gomito a gomito, anche virtualmente, se più menti, strumenti e risorse partecipano alla soluzione del medesimo problema, si affinano armi per salvare il mondo da un virus. Noi invece siamo ancora a mani nude di fronte alla malattia di Gabriele. Le malattie rare non sono certo il mondo, anzi una piccola parte di esso ma non così minuta, sia perché sono tante, sia perché dentro ogni bambino malato e ogni genitore che lo abbraccia, straziato dall’impotenza, c’è tutto un mondo che va salvato”.

 

 

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  • Data di pubblicazione 2 dicembre 2021
  • Ultimo aggiornamento 2 dicembre 2021