D’ora in poi, le bambine con la Sindrome di Rett potranno comunicare, in modo più semplice e veloce, ciò che prima era lasciato all’intuizione del genitore: cosa vogliono al bar, quale videogioco preferiscono, cosa hanno appreso della lezione scolastica. I loro occhi, infatti, da sempre mezzo prezioso di comunicazione, hanno ora voce, possono cioè “parlare” grazie ad Amélie, un sistema di puntamento oculare collegato a un’app sul cellulare appositamente progettato per facilitare la comunicazione, l’interazione e l’apprendimento di queste bambine.
Ideatrice del progetto è l’Associazione AIRETT, da 30 anni al fianco delle famiglie con figlie con sindrome di Rett – conosciuta anche come sindrome delle “bimbe dagli occhi belli” -, patologia progressiva dello sviluppo neurologico che colpisce quasi esclusivamente le bambine. I sintomi compaiono generalmente dopo i primi 6-18 mesi di vita, con rallentamento dello sviluppo psicomotorio e disattenzione verso l’ambiente circostante, per poi progredire verso una più rapida regressione dello sviluppo psicomotorio, perdita delle capacità acquisite, del linguaggio espressivo e dell’uso funzionale delle mani, accompagnata da movimenti stereotipati, irritabilità ed insonnia.
“Da diverso tempo, l'equipe del Centro AIRETT Ricerca e Innovazione, composta da terapisti, tecnici e ingegneri informatici, ricercatori e professori universitari specializzati nella Sindrome di Rett, stava lavorando alla realizzazione di Amélie – racconta Lucia Dovigo, Presidente AIRETT - Il percorso è stato lungo e difficile in quanto l’obiettivo era quello di creare qualcosa di differente dai sistemi di comunicazione già in commercio, non adatti per le nostre bambine perché specifici per patologie motorie e/o lievi disabilità cognitive e scarsamente personalizzabili e adattabili. Dotati, inoltre, di software solo di comunicazione e gioco e non di apprendimento, così complessi e costosi da renderne arduo l’utilizzo. Al contrario, Amélie è stato costruito con e per la Sindrome di Rett, anche se è adatto per tutte le patologie cognitive motorie gravi; è dotato di un software completo con giochi, comunicazione, apprendimento e monitoraggio sistematico dei dati; ha un’interfaccia semplice che ne consente un utilizzo facile e immediato sia per il paziente che per i caregivers; utilizza una strumentazione già in commercio, abbattendo nettamente i costi”.
“Grazie ad Amélie, la bambina interagisce con il computer attraverso un eye tracker Tobii appositamente calibrato - dichiara la Prof.ssa Rosa Angela Fabio, Direttore Scientifico dell’AIRETT- Attraverso un’app mobile che consente il collegamento al computer, il terapista o il genitore possono comunicare con la bambina e attivare dei programmi per il potenziamento cognitivo. Abbiamo coinvolto nella fase di test dieci delle nostre bambine, cinque delle quali avevano già esperienza con l’eye tracker, raccogliendo i feedback di terapisti, famiglie, bambine e dei loro insegnanti. Questo ci ha aiutato a superare i limiti dei sistemi di comunicazione già in commercio”.
Ma come funziona concretamente Amélie? “Grazie alla possibilità di inserire, in tempo reale, flussi di comunicazione, come ad esempio “cosa vuoi fare ora?”, il sistema suggerisce “uscire” o “vedere un film” etc. e, se la bambina sceglie (con lo sguardo) “uscire”, la successiva domanda sarà “dove vuoi andare?” – spiega Lucia Dovigo - quindi la bambina può scegliere fra “parco”, “bar” etc. C’è anche la possibilità di fotografare per semplificare le scelte. Inoltre, sono previsti momenti dedicati allo svago con videogame correlati al loro livello di sviluppo, e un programma di potenziamento cognitivo, fondamentale per un percorso di apprendimento e integrazione scolastica”.
In questo modo, conclude la Prof.ssa Fabio, “le nostre bambine/ragazze si immergono nel flusso della vita reale, si sentono incluse, comprese anche nelle piccole richieste, imparano a osservare nuovi ambienti e oggetti e soprattutto imparano a dire il proprio punto di vista, esprimendo le proprie preferenze e necessità, migliorando così, decisamente, la loro qualità di vita”.