A cura di Elida Sergi - Ufficio Stampa ISS
Tutto il mondo solido di una famiglia sembra crollare addosso quando una bambina, piena di vitalità e con le normali tappe di crescita, improvvisamente perde le abilità acquisite, in un’età che va dai sei mesi ai due anni. Non parla più, non cammina più, ha una regressione totale, che la porta poi alla disabilità grave. La sindrome di Rett, questo il nome della malattia legata al cromosoma X artefice del drastico cambiamento, una patologia genetica dello sviluppo neurologico che colpisce le bambine ed è rara ma non rarissima (riguarda una bimba su 10mila nate) appare implacabile, ma così non è. La ricerca con le sue armi lavora per colpirla in modo sempre più mirato e deciso, fino a quando in futuro si spera arriverà una cura.
È questo il messaggio che arriva da Rita Bernardelli, cofondatrice dell’Associazione Pro Rett Ricerca.
L’associazione, che quest’anno celebra i 20 anni di attività, ha lo scopo di dare supporto alle famiglie e di finanziare appunto la ricerca, che ha avuto nella scoperta del gene indiziato per la patologia, MeCP2, un punto di svolta.
“Con tre-quattro famiglie - ricorda Bernardelli - abbiamo deciso ormai 20 anni fa di dare vita a un’associazione che sostenesse la ricerca. Abbiamo preso contatti con esperti negli Usa e poi in Italia, in particolare con la professoressa Nicoletta Landsberger, ora docente all’Università degli Studi di Milano, che allora insegnava all’Università dell’Insubria ed era appena rientrata dagli Stati Uniti, dove aveva studiato il gene MeCP2. Sono nati anche due laboratori dedicati alla ricerca e allo studio della patologia, entrambi a Milano, al San Raffale e all’Università degli Studi di Milano, che lavorano con molto profitto e producono diverse pubblicazioni scientifiche”. Pro Rett Ricerca ha anche aderito ai bandi Telethon, stanziando 100mila euro per due ricerche reputate le più meritevoli, e guarda con interesse agli sviluppi dell’ingegneria genetica, che per il momento riguarda solo la sperimentazione animale.
“Ci piace evidenziare - sottolinea Bernardelli - che la ricerca ha anche un aspetto umano. Il lavoro dei ricercatori è finalizzato a cercare soluzioni di vita migliori per le nostre bambine”.
È la cura, in tutte le sue declinazioni, quella che sta dietro a una malattia così impattante. Ed è negli sguardi che si trova il modo di comunicare. Proprio gli sguardi, quelli delle bambine e ragazze con sindrome di Rett, sono protagonisti di un libro fotografico appena realizzato dall’associazione.
Si chiama ‘Lei è l’amore’ ed esprime il modo di riempire la vita di chi sta attorno che è possibile anche senza utilizzare la parola. Viene proposto come regalo solidale per il Natale 2024 a fronte di una donazione, e sarà presentato a Milano il 23 novembre.