Una ricerca di qualità sulle cure palliative, che possa produrre risultati applicabili nella pratica clinica, deve basarsi su uno studio che preveda metodi misti (ovvero esiti soggettivi e misure oggettive), su una scelta ponderata del campione e su una maggiore collaborazione tra diversi centri e a livello internazionale. Il puzzle è stato assemblato da un team di ricercatori coordinato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, nell’articolo “How to conduct research in palliative care? A perspective from Italy”, pubblicato sul volume 60 degli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità.
L’idea di condurre questa analisi nasce innanzitutto da una disamina del contesto attuale: nei Paesi occidentali l'aumento dell'aspettativa di vita e il crescente numero di individui con condizioni croniche avanzate hanno comportato una maggiore domanda di cure palliative. In particolare, l'Italia ha visto una crescita sostanziale in questo settore, evidenziata dall'istituzione delle Reti di Cure Palliative e di un programma di specializzazione accademica nel 2022.
Considerando che l'obiettivo principale delle cure palliative è migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti da malattie potenzialmente letali e dei loro caregiver, attraverso un approccio multidisciplinare, si intuisce come la ricerca tradizionale che tende a concentrarsi su esiti specifici di malattia, come la prevenzione o l'esacerbazione della stessa, abbia poco senso nelle cure palliative, dove l'attenzione dovrebbe essere rivolta agli esiti che contano di più per i pazienti e che includono il carico dei sintomi, lo stato delle funzioni (fisica, cognitiva, psicologica, sociale) e la qualità della vita. Questi fattori possono essere valutati tramite esiti riportati dai pazienti stessi (Patient-Reported Outcomes-PRO) o mediante valutazioni professionali standardizzate.
Se è vero, infatti, che la qualità della vita, la gravità dei sintomi e i PRO sono esiti soggettivi che richiedono la collaborazione del paziente per la loro valutazione, è altrettanto vero che i pazienti con deficit cognitivi, malattie molto gravi o negli ultimi giorni di vita potrebbero non essere adeguatamente valutati da queste misure. Gli autori suggeriscono, quindi, di combinare nelle indagini esiti soggettivi con misure più oggettive (ospedalizzazioni, accessi al pronto soccorso, procedure eseguite) al fine di avere una valutazione più completa delle traiettorie di salute dei pazienti. L’articolo sottolinea, in ultima analisi, l'importanza di sviluppare protocolli su misura per le caratteristiche uniche delle cure palliative e la necessità di finanziamenti dedicati alla ricerca in questo settore.
Nello studio, infine, viene dedicato spazio alle tecniche di intelligenza artificiale e di apprendimento automatico come risorse importanti per i ricercatori. Ad esempio, l'integrazione di dispositivi indossabili (come gli smartwatch) con l'IA potrebbe facilitare l'acquisizione dei segni vitali, il monitoraggio in tempo reale e un'analisi più precisa, riducendo il carico sul paziente. D'altra parte, dato che queste tecnologie sono relativamente nuove e in rapida evoluzione, e una comprensione del loro pieno potenziale deve ancora essere raggiunta, se ne auspica una regolamentazione che ne governi l'uso.