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Quando la forza diventa strada, Jenny e i traguardi in bici con una malattia rara

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A cura di Luana Penna, Ufficio Stampa ISS

Jenny Narcisi è nata con una malattia genetica rara, della quale ha avuto una diagnosi certa solo a 34 anni: la Fava (Fibro-Adipose Vascular Anomaly). Il ciclismo è stato la sua forza e il suo riscatto.

Nonostante un’asimmetria degli arti, a causa di un piede sinistro più grande, già a partire dai 13 anni la bicicletta è diventata il suo ‘sfogo’ preferito. All'Università ha fatto di più: ha dedicato la sua tesi allo studio della pedalata, analizzandola sia in condizioni normali che in presenza di alterazioni. È stato un momento decisivo, che le ha dato l’intuizione di studiare la biomeccanica per ottimizzare posizione e angoli di lavoro durante la corsa, e di pensare a possibili compensazioni meccaniche per chi, come lei, ha difficoltà motorie.

I traguardi sportivi, di altissimo livello, sono arrivati inevitabili e un anno chiave è stato il 2015.

In quell’anno, infatti, è arrivata la prima medaglia internazionale, un sogno quasi sfumato a causa di un incidente stradale, ai Mondiali di Nottwil (Svizzera) e il ritiro a cui ha preso parte con campioni del calibro di Alex Zanardi. E' stata seguita dal CT Nazionale Mario Valentini insieme al Tecnico Fabrizio Di Somma, che Jenny ricorda con tanto affetto. L’anno dopo Jenny ha conquistato l’argento alla Coppa del Mondo di Ostenda (Belgio) e, soprattutto, la qualificazione alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro: il coronamento di anni di lavoro, sacrifici e passione.

“Dopo quell’esperienza - racconta - ho scelto di lasciare l’agonismo, non essendo prevista una forma sufficiente di sostegno economico per il mio percorso. Ho deciso pertanto di portare avanti la divulgazione del valore dello sport, insegnando educazione fisica nelle scuole”.

“Sono inoltre impegnata - prosegue - in un progetto di dottorato in Scienze dell’esercizio fisico e dello sport, coordinato dalla professoressa Caterina Gozzoli dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Il mio obiettivo è dare voce a tanti malati rari, portando la mia esperienza personale a servizio della ricerca. Stiamo avviando uno studio pilota per dimostrare quanto l’attività fisica possa essere raccomandata come parte integrante del percorso di cura. Sogno anche la creazione di un centro sportivo dedicato alle malattie rare”. 

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  • Data di pubblicazione 29 settembre 2025
  • Ultimo aggiornamento 29 settembre 2025