A cura di Fabrizio Farnetani, vice presidente Mitocon - insieme per lo studio e la cura delle malattie mitocondriali, consigliere Uniamo Fimr
La storia del Principe Frederik del Lussemburgo, nipote del Gran Duca del Lussemburgo, morto a soli 22 anni per la malattia mitocondriale Polg, ha acceso di nuovo un faro su queste patologie.
Già in passato c’erano stati diversi casi di bambini inglesi che avevano attirato una grande attenzione dell’opinione pubblica su queste malattie. Nel 2017 ci fu il caso di Charlie Gard, poi Alfie Evans nel 2018 e ancora nel 2023 il caso di Indi Gregory, la bambina per cui si era addirittura mosso il governo italiano, riconoscendola come cittadina italiana e prospettando un viaggio della speranza verso l’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù che alla fine non fu autorizzato dai giudici inglesi.
Le malattie mitocondriali sono una famiglia molto eterogenea di patologie genetiche rare causate da centinaia di geni e mutazioni diverse, sia del DNA mitocondriale, quindi trasmesse per via matrilineare, sia del DNA nucleare quindi trasmesse con l’ereditarietà mendeliana da entrambi i genitori, che possono manifestarsi a tutte le età. Il malfunzionamento dei mitocondri provocato da queste mutazioni genetiche induce un deficit energetico nelle cellule che, a seconda dei casi, produce effetti avversi in uno o più organi del corpo; gli organi più frequentemente colpiti sono quelli a maggiore fabbisogno di energia: cervello e sistema nervoso, apparato gastrointestinale, respiratorio, muscoli, cuore; ma esistono varianti che colpiscono il nervo ottico, l’udito, il fegato, i reni.
Il fatto che possano essere causate da centinaia di mutazioni genetiche diverse fa intuire quanto sia difficile già fare una diagnosi precisa e precoce: Frederik ha avuto la diagnosi a 14 anni. Una volta fatta la diagnosi, purtroppo, per la quasi totalità di queste patologie non esiste nessun rimedio efficace, nessuna cura che possa modificarne in maniera significativa il decorso. Sono patologie degenerative, quindi si aggravano col passare del tempo e in particolare quelle che insorgono in età pediatrica , in molti casi già alla nascita, sono le più severe, quelle con il decorso più sfavorevole e più rapido; a questo gruppo appartengono i casi dei bambini inglesi che ho citato e che vennero agli onori della cronaca solo perché i genitori, non soddisfatti della gestione medica negli ospedali della Gran Bretagna, tentarono disperatamente di trovare delle strade alternative. Ma per qualche caso che assurge agli onori della cronaca ce ne sono tanti altri, molti di più purtroppo, che non fanno notizia, in tutto il mondo e anche in Italia ovviamente.
Nel 2007 uno sparuto gruppo di famiglie a cui era toccato in sorte di dover fronteggiare casi di patologie mitocondriali fondò Mitocon - Insieme per lo studio e la cura delle Malattie Mitocondriali, con l’obiettivo già esplicitato nella ragione sociale di favorire e supportare la ricerca. Tante persone e tante famiglie si sono avvicinate alla nostra associazione da allora e questo ha dato corpo e forza alle iniziative di Mitocon, ma nonostante l’impegno e gli sforzi profusi accanto e con il network dei medici e ricercatori italiani e stranieri e congiuntamente alle altre associazioni di pazienti di tutto il mondo, i risultati sono ancora lontani da quello che vorremmo e che avevamo sperato all’inizio. Nel frattempo, abbiamo dovuto assistere inermi a tanti casi di bambini e giovani che non ce l’hanno fatta, non cito nomi perché rischierei di dimenticare qualcuno e perché l’elenco sarebbe molto, troppo lungo; ma è impossibile non avere impressi nella memoria i loro sguardi pieni di speranza e di fiducia nei confronti di chi avevano vicino e che in realtà non aveva strumenti per aiutarli. E bisogna anche evidenziare l’impatto devastante dal punto di vista psicologico, relazionale, economico che le malattie mitocondriali hanno sulle famiglie; e l’impatto sul Sistema Sanitario Nazionale e sui servizi di assistenza sociosanitaria, dato che molte persone con malattia mitocondriale sono portatrici di disabilità multiple e gravissime.
Che non sia facile venire a capo delle malattie mitocondriali è testimoniato in maniera emblematica proprio dalla storia del principe Frederik a cui dopo un lungo iter era stata diagnosticata una mutazione sul gene nucleare POLG e che ha impegnato gli ultimi anni della sua vita nella ricerca di una cura avendo a questo scopo anche creato la POLG Foundation e finanziato progetti di ricerca per diversi milioni di euro. Nonostante la rilevanza dei finanziamenti e la incredibile quantità di iniziative di ricerca attivate, purtroppo non sono arrivati in tempo risultati che abbiano potuto salvare la sua vita.
La sua storia però ci lascia una eredità molto importante a cominciare dalle commoventi parole pronunciate negli ultimi giorni della sua vita: “I am glad that I am the one who was born with this disease. Even though I’ll die from it….and even if my parents do not have the time to save me, I know that they will be able to save other children” (“Sono felice di essere io quello nato con questa malattia. Anche se ne morirò... e anche se i miei genitori non avranno il tempo di salvarmi, so che potranno salvare altri bambini”).
Oltre a questa testimonianza di incredibile generosità, questa storia ci lascia altri importanti insegnamenti: le malattie mitocondriali lasciano poco, pochissimo tempo, se si può fare qualcosa bisogna farlo prima possibile, quindi la diagnosi precoce è un pilastro fondamentale per aprire spiragli di speranza; le centinaia di varianti e quindi il numero esiguo di casi noti per ogni variante rendono poco attrattivi gli investimenti per le industrie farmaceutiche; la ricerca su queste patologie è ad oggi in gran parte a carico delle persone che ne sono affette, delle loro Associazioni e di altri enti no-profit come Fondazione Telethon in Italia, con tutte le difficoltà e i limiti che è facile immaginare.
Ma se questo è lo stato dell’arte, cosa si può fare? Ci sono molte cose che si possono fare, anche subito, anche qui in Italia e alcune di queste non richiedono grandi impegni economici:
Velocizzare la diagnosi, in particolare la diagnosi genetica che per le malattie mitocondriali è il punto di partenza imprescindibile di ogni altra iniziativa. Non è sicuramente di aiuto che nei LEA 2017 entrati in vigore dal 1° Gennaio 2025 non siano state incluse le tecnologie NGS e in particolare la sequenziazione dell’esoma, la tecnica ad oggi più utilizzata da chi fa diagnosi mitocondriale; questa esclusione contraddice tra l’altro quanto previsto dal Piano Nazionale Malattie Rare 2023-2026. E sarebbe anche arrivato il momento di aprire la discussione per poter inserire le patologie mitocondriali nel programma Screening Neonatale Esteso (SNE).
Approvare anche in Italia l’utilizzo della “Sostituzione mitocondriale”. Qualche anno fa in Gran Bretagna è stata messa a punto questa metodica, una tecnologia di Procreazione Medicalmente Assistita che prevede la sostituzione nell’ovulo dei mitocondri con mutazioni patologiche con altri prelevati da una donatrice e il successivo reimpianto. Questa tecnica, applicabile nel caso di mutazioni del DNA mitocondriale, è già stata utilizzata in diversi casi nel mondo e consente tra l’altro di porre fine alla catena della trasmissione ereditaria matrilineare alle generazioni successive. Per poterla utilizzare anche in Italia serve una legge che ne regoli l’utilizzo; in Parlamento sembra esserci consenso tra tutte le forze politiche ed è stato presentato un disegno di legge che ormai da un anno e mezzo è in attesa di discussione in Commissione Sanità al Senato (DDL S. 949 - XIX Leg.).
Un colpo d’ala del nostro Parlamento potrebbe cambiare la sorte di molte persone e delle loro famiglie.
Semplificare le procedure dei trial clinici. La peculiarità delle malattie mitocondriali, come già detto un insieme di patologie ultra rare, rende impossibile utilizzare le procedure canoniche per l’approvazione di nuovi trattamenti o anche per testare il riposizionamento di farmaci esistenti. Se in passato già sono stati definiti percorsi semplificati per le malattie rare, per gestire situazioni in cui il numero di casi è di qualche decina in tutto il mondo, occorre semplificare ulteriormente.
Agevolare anche economicamente lo svolgimento dei trial clinici in particolare nel caso di riposizionamento di farmaci già esistenti che è indubbiamente la strada più rapida e meno onerosa per individuare nuovi trattamenti. Ma servono intanto degli studi preliminari in laboratorio per verificare in vitro le ipotesi di applicabilità; questi studi hanno indubbiamente costi estremamente più contenuti rispetto allo sviluppo di nuove molecole, tuttavia gli investimenti non sono trascurabili e non si può pensare che i pazienti e le loro associazioni possano finanziarli direttamente in toto, soprattutto nel caso delle centinaia di varianti delle patologie mitocondriali. E anche una volta superata questa fase preliminare ci sono tutti gli aspetti pratici correlati alla sperimentazione sull’uomo, in un contesto in cui la casa farmaceutica, proprietaria del brevetto di un farmaco già in commercio con altre indicazioni, ha un modesto interesse all’estensione dell’utilizzo ad una platea di poche decine di persone; chi si fa carico quindi di sostenere i costi dell’ospedale che gestisce il trial, dei costi di viaggio dei pazienti arruolati nello studio che presumibilmente vivranno a centinaia di chilometri di distanza e anche del costo del farmaco se la casa farmaceutica non volesse metterlo a disposizione gratuitamente?
Incrementare gli investimenti pubblici in ricerca sulle malattie rare e su quelle mitocondriali in particolare. Tramite i fondi del PNRR sono in via di finanziamento da parte del governo italiano progetti di ricerca sulle Malattie Rare per circa 60 milioni di euro, una cifra indubbiamente significativa, ma si tratta di una dotazione una tantum; cosa succederà terminato il PNRR? Ci sono poi indubbiamente altri fondi di ricerca ordinari in capo ai ministeri competenti e ai tanti Istituti di ricerca italiani, ma la sensazione è che manchi una strategia complessiva per utilizzarli in maniera integrata ed ottimale, un piano per dare un impulso vero all’individuazione di strategie e soluzioni per migliorare la qualità della vita. E a questo proposito si dovrebbe anche dare seguito ai 9 obiettivi e alle 23 azioni dettagliati nel Piano Nazionale Malattie Rare a proposito di ricerca; in quel documento sono elencate una serie di indicazioni anche organizzative che, se attuate, potranno favorire e velocizzare i processi della ricerca in Italia.
Finanziare la ricerca vuol dire investire a favore della qualità di vita delle persone e quindi vuol dire anche diminuire le necessità e i costi dell’assistenza sanitaria.
Quando nel 2007 creammo Mitocon e scrivemmo “insieme per lo studio…..” la parola insieme era nella nostra mente finalizzata principalmente a creare una unione di intenti tra le persone italiane affette dalle patologie mitocondriali e le loro famiglie, a creare una comunità, un luogo dove confrontarsi ma anche sentirsi a casa e condividere dolori e speranze. A distanza di tanti anni la parola insieme è ancora più che mai valida, anzi ha assunto una valenza ancora maggiore.
Abbiamo imparato che nella comunità di intenti sono incluse tutte le Associazioni gemelle che nel mondo si occupano di patologie mitocondriali, ma anche tutte le Associazioni di malattie rare che rappresentano persone che hanno le stesse esigenze di assistenza e di confronto con le istituzioni. Sono inclusi anche i clinici ed i ricercatori con cui ormai lavoriamo fianco a fianco da tanti anni e gli enti no-profit che con i loro finanziamenti ci aiutano a tenere accesa la fiammella della speranza, oltre alle aziende farmaceutiche da cui ci aspettiamo comunque contributi importanti.
Vogliamo e speriamo che nell’insieme siano incluse anche le istituzioni pubbliche e politiche che possono e devono fare di più: insomma siamo consapevoli che solo lavorando in maniera sinergica potremo ottenere i risultati che aspettiamo da tanto tempo e porre fine alle sofferenze provocate dalla malattie mitocondriali a bambini, ragazzi e persone di ogni età in ogni parte del mondo.