L’accumulo di ferro nei gangli della base, raggruppamenti di sostanza grigia all'interno degli emisferi cerebrali.
È questo che caratterizza l’encefalopatia statica dell'infanzia con neurodegenerazione nell'età adulta.
Accanto a questo meccanismo, anzi strettamente correlato, vi è quello dell’autofagia, il processo con cui le cellule del nostro corpo ‘cannibalizzano’ alcuni loro componenti, un meccanismo che da un lato permette l’approvvigionamento di energia per la cellula e dall’altro promuove l’eliminazione degli scarti potenzialmente dannosi. Se le cellule non danno vita a questo processo il ferro in sostanza continua ad accumularsi.
Un nuovo studio fa un passo in più nella conoscenza dei meccanismi alla base della patologia, valutando un nuovo fenotipo, associato all’autofagia, nei fibroblasti (cioè molecole che producono la matrice connettivale, destinata a sostenere altri tessuti) delle persone colpite: questo fenotipo, se trattato con una molecola naturale, potrebbe ripristinare il processo di ‘cannibalizzazione’ delle cellule necessario, ristabilendo anche i normali livelli proteici di ferro.
Lo studio, pubblicato sulla rivista Biochimica et Biophysica Acta (BBA) - Molecular Cell Research, è a cura della dottoressa Rosaria Ingrassia al Dipartimento di Medicina Molecolare e Traslazionale dell’Università di Brescia, con il supporto della professoressa Stefania Mitola e la collaborazione della dottoressa Barbara Garavaglia dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano.
La molecola sotto la lente degli studiosi, che comunque non sarà l’unica considerata nei passi successivi della ricerca, è già stata studiata in diversi trial clinici e, in particolare, in un trial in fase 4 per Parkinson, senza effetti collaterali.