di Mirella Taranto
Il dottor Semmelweiss, di Louis Ferdinand Céline, non è un libro che parla di malattie rare e non è neanche un libro nuovo. Scritto da Céline nel 1924 e edito da Adelphi nel 1975 racconta però un pezzo di storia della medicina, quello in cui si è stabilito che lavarsi le mani prima di qualsiasi atto chirurgico sarebbe stata una profilassi che avrebbe salvato la vita delle donne e cambiato le curve di mortalità del parto.
“Tutto ciò che si fa qui mi sembra del tutto inutile, i decessi si susseguono con semplicità. Tuttavia si continua a operare, senza cercare di capire veramente perché, in casi identici, un certo malato soccombe piuttosto di un certo altro”. Il Semmelweis di Céline, nello scrivere, di suo pugno, queste parole riportate nel romanzo, stava invocando l’applicazione del metodo scientifico, della ricerca della verità attraverso l’analisi di prove statistiche. Con numeri evidenti, inequivocabili inventò quella che oggi chiamiamo “asepsi”, obbligatoria in qualsiasi sala operatoria, la stessa che abbiamo imparato tutti durante la pandemia, mostrata in decine di tutorial riservati a medici e specializzandi e riproposta come un mantra, tra le tecniche più efficaci, alla gente comune, per prevenire il virus.
Norme di igiene che a noi oggi paiono semplici, ma la cui mancata applicazione, nei primi anni venti, causava vere e proprie epidemie di febbre puerperale soprattutto negli strati più bassi della popolazione. Era prassi comune, infatti, che gli studenti che eseguivano autopsie passassero direttamente al padiglione del parto e, senza aver eseguito alcun tipo di pulizia, aiutassero le donne a partorire infettandole.
Il libro è davvero bello perché ripercorre, parallelamente alla scoperta dell’importanza dell’igiene delle mani, il vissuto di Céline per la strada che portò Semmelweis alla follia. Con la sua straordinaria penna ci racconta, in poche pagine, un pezzo di storia della medicina ma anche il vissuto di uno dei suoi protagonisti, messo alla berlina e isolato da quasi tutta la comunità scientifica per aver osato contraddire l’establishment, oltre a tutto il percorso di dolore che lo portò alla pazzia e alla morte.
Dentro il libro c’è tutto il senso dello scontro tra le dinamiche umane e la verità scientifica, c’è la narrazione, come sa fare solo la letteratura, di come le ragioni personali e quelle scientifiche si intrecciano per limitare la conoscenza ma anche per spingerla oltre. Semmelweis muove la sua “volontà di sapere” fino all’estremo, sperimentando su se stesso la sua teoria e dandosi la morte pur di consegnare la sua verità alla scienza.
Vale dunque la pena rileggere questo bel libro nel quale, esprimendo il senso della vita di Semmelweis, ma forse anche dell’umanità intera, si cita Musset quando scrive “l’uomo è un apprendista e il dolore e il suo maestro”. Un libro da leggere non solo per ricordare sempre a tutti che il metodo scientifico è la negazione di ogni dogma e che sta alla base di ogni processo di conoscenza, ma anche per ricordare quanto l’uomo e la sua storia non siano indifferenti a questo stesso processo.
Louis Ferdinand Celine, Il dottor Semmelweis, Adelphi, Euro 12,00