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'Come D’Aria', una cronaca d’amore e di solitudine

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DAL MONDO DELL'EDITORIA

di Mirella Taranto

È un diario, quello che scrive Ada d’Adamo. Il diario di un dolore. Ma non solo. Giorno dopo giorno, dopo la diagnosi fatta a sua figlia di oloprosencefalia semilobare, il suo racconto è la cronaca di una solitudine progressiva e di un amore tanto intenso quanto amaro narrato nei suoi istanti di profonda fusione ma anche di profondo conflitto. 'Come D’Aria', con Elliot, una piccola ma raffinata casa editrice, ha vinto l’ultima edizione del Premio Strega ma a ritirarlo non è stata l’autrice, portata via da un cancro al seno, che non le ha permesso neanche di sapere che vi sarebbe stata candidata, bensì il marito che vive ora con la figlia disabile di cui questo romanzo racconta la storia. 

Sono pagine senza infingimenti, senza concessioni, uno scavo profondo sulle domande che ti pone il dolore quando ti scaraventa nell’inferno. E le risposte, quando ci sono, sono senza sconti.  

Possono giungere, per esempio, dall’insegnante di sostegno che mette subito in chiaro che non darà da bere alla ragazzina perché non rischia la galera se l’acqua per caso le finisce di traverso. Dalle risposte indifferenti, a volte sgarbate, del personale sanitario, scudi emotivi che più che proteggerli dall’impatto con le patologie che cercano di curare, hanno l’effetto di una ferita gratuita. Ada d’Adamo racconta come quando all’uscita del reparto maternità le dissero: “questa le farà passare i guai” o come quando non sapendo neanche il nome della malattia della sua piccola Daria, alla domanda se la sua testa sarebbe rimasta così piccola, la risposta fu: “io mi preoccuperei di che vita potrà avere sua figlia, se potrà camminare”. Risposte che spingono un passo più giù, sott’acqua, dove manca l’ossigeno. È un libro, questo, che insegna il valore delle parole e che mostra come quando si entra in quell’oceano sconosciuto che è la malattia sono esse stesse parte della cura, una maschera d’ossigeno per poter affrontare gli abissi e provare a nuotarci dentro.  

È anche un libro sul corpo quello di Ada d’Adamo perché niente come la malattia fa riscoprire il corpo. Tra le pagine più belle quelle sulla danza, nelle quali emerge tutta la potenza del valore simbolico del movimento, della consapevolezza di un corpo che diamo per scontato. L’immagine del ballerino cieco che chiede allo spettatore di seguirlo a percorrere in cerchio lo spazio con gli occhi chiusi è bellissima e restituisce l’immensa capacità sensoriale del corpo nel restituire orientamento e relazione.  

Ada d’Adamo non sa se tornando indietro sceglierebbe di far nascere Daria, ma questo ha poca importanza, perché di certo scrive: “desideravo la bellezza e l’ho avuta. Ho avuto te”, ma bellezza e dolore, amore e conflitto, non sono ossimori, sono ciò che siamo noi e a una domanda così grande, non serve una risposta, ma il silenzio per attraversarla.  

La percezione del corpo nella malattia, rara o comune che sia, è la stessa, il comune denominatore è quella della perdita, del limite. Come per Daria, quando Ada si ammala, il destino è identico: il corpo non obbedisce ma resta al centro del romanzo. Un corpo in cui è impossibile riconoscersi, nel quale si apre una disarmonia con il mondo che a sua volta non ci riconosce, ci respinge, ci lascia indietro. E ci lascia soli. Difficile distinguere la solitudine di Daria da quella di Ada. Sono la stessa solitudine e sarebbero state eguali anche senza che Ada facesse l’esperienza diretta della malattia. Non è un caso che raccontando la figlia che cresce a un certo punto pensa ad alcuni bambini autistici, forse al loro isolamento, al dolore dei loro genitori, a quello stare sempre da un’altra parte mentre gli altri vivono. Perché il punto della malattia è la vita. Ed è di nuovo la solitudine che si dipana nelle sue pagine: dopo il periodo dell’infanzia in cui compleanni, le feste e le occasioni di aggregazione sono guidate dai genitori per cui ci si mischia, nelle cene di classe nei compleanni, se pure a fatica, arriva un punto in cui tutto si dilegua. E tutti, soprattutto. L’adolescenza non perdona. E a quel punto il dolore di una madre diventa irredimibile. L’autrice lo descrive magistralmente nel raccontare l’uscita dei ragazzi dalla scuola: “Quanta bellezza spalancata su un’estate gravida di promesse”. La sua solitudine, invece, è nuda. Come il re.  

Ada d’Adamo, Come D’Aria,  Elliot Edizioni, euro 14,00 

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  • Data di pubblicazione 25 luglio 2023
  • Ultimo aggiornamento 25 luglio 2023