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R-esistere: storie di medici e infermieri dietro ai numeri

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Paura, fatica, senso di solitudine. Sono i sentimenti che più ricorrono nelle storie di medici e infermieri che sono stati, e sono tuttora, in prima linea contro la pandemia. Preziose testimonianze – racconti di malattia, di guarigione o di perdita, ma a volte anche di semplice quotidianità - che sono state raccolte due siti ad esse dedicati (www.resistere.medicinanarrativa.it e https://vissuto.intensiva.it, quest’ultimo curato dalla Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva- SIAARTI)  nell’ambito del progetto di medicina narrativa "R-Esistere: respiro, ricordo, racconto", messo a punto dalla Società Italiana di Medicina Narrativa (SIMeN) in collaborazione con il Centro Nazionale Malattie Rare dell’ISS, la SIAARTI e con oltre 30 partner tra Associazioni di pazienti (tra cui UNIAMO) e Società scientifiche che sono stati sponsor dell’idea e/o donatori del patrimonio di storie.

Una prima analisi delle storie è stata presentata lo scorso 26 novembre, nel corso del webinar dell’Istituto Superiore di Sanità "Malattie rare e COVID-19" .

I racconti, 112 in tutto, studiati col contributo della ricerca qualitativa, esaminando la frequenza di determinate parole (word cloud) e le metafore (trincea, battaglia, nemico invisibile etc.), consentono di analizzare i bisogni di chi lavora negli ospedali, in particolare nelle terapie intensive, nel tentativo di trovare risposte efficaci per migliorare non solo l’efficienza, ma anche l’umanità delle cure. Storie che aiutano a capire meglio ciò che è stato vissuto da questi operatori sanitari e che tracciano una mappa di cosa è stato il Covid e delle criticità che ha messo a fuoco.

 Cosa viene fuori

Quello che viene narrato è il vissuto, con tutto il corredo di emozioni e riflessioni di chi scrive, e lo scopo sembra essere principalmente quello di condividere la propria esperienza quasi come parte di un processo catartico. Si racconta in prevalenza la fase acuta dei mesi di marzo e aprile, incluse le difficoltà di gestione dell’emergenza, che come indicato nei “contenuti prospettici”, può essere d’aiuto per comprendere ciò che sta accadendo oggi.

Il sentimento dominante è la paura, ieri come oggi, del rientro a casa. Visti ieri come possibili untori, gli operatori sanitari sono travolti oggi dalla preoccupazione che il contagio venga dalla propria famiglia. Poi il senso di solitudine e di abbandono: con lo scafandro addosso che lascia passare solo una voce attutita, si stringe la mano a chi sta morendo, sforzandosi di supplire alla mancanza dei familiari e con lo strazio di non poter nemmeno asciugare le lacrime dei moribondi. Infine, la sensazione che nulla cambi: i turni rimangono massacranti, non c’è nessuno con cui piangere, ci si sente prosciugati da tutto quello che si è visto e vissuto. Tuttavia, spesso è la speranza a chiudere le storie: il desiderio che tutto passi e che questo momento terribile diventi solo un ricordo.

 

  • Data di pubblicazione 1 dicembre 2020
  • Ultimo aggiornamento 1 dicembre 2020