Roma 15 gennaio 2025 | Newsletter n° 80 |
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Newsletter dedicata al mondo delle malattie rare, frutto della collaborazione fra l'Istituto Superiore di Sanità e Uniamo Federazione Italiana Malattie Rare. Se vuoi scriverci o segnalare un'iniziativa, manda una e-mail a: newsletter.mr@iss.it |
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15 gennaio 2025
Il messaggio di Sammy Basso come augurio per il 2025, che ogni dolore si trasformi in voglia di vivere. L’amico: “La progeria gli ha tolto molto, ma ha vissuto 10 vite” |
A cura di Elida Sergi, Ufficio Stampa ISS |
Il primo numero dell'anno per noi si apre con una dedica a Sammy Basso. Riproponiamo la sua lettera che è per noi un testamento spirituale ed è il simbolo di ciò in cui vorremmo si trasformasse ogni dolore: voglia di vivere.
Carissimi, Se state leggendo questo scritto allora non sono più tra il mondo dei vivi. Per lo meno non nel mondo dei vivi per come lo conosciamo. Scrivo questa lettera perché se c’è una cosa che mi ha sempre angosciato sono i funerali. Non che ci fosse qualcosa di male, nei funerali, dare l’ultimo saluto ai propri cari è una tra le cose più umane e più poetiche in assoluto. Tuttavia, ogni volta che pensavo a come sarebbe stato il mio funerale, ci sono sempre state due cose che non sopportavo: il non poter esserci e dire le ultime cose, e il fatto di non poter consolare chi mi è caro. Oltre al fatto di non poter parteciparvi, ma questo è un altro discorso… E perciò, ecco che ho deciso di scrivere le mie ultime parole, e ringrazio chiunque le stia leggendo. Non voglio lasciarvi altro che quello che ho vissuto, e visto che si tratta dell’ultima volta che ho la possibilità di dire la mia, dirò solo l’essenziale senza cose superflue o altro…. Voglio che sappiate innanzitutto che ho vissuto la mia vita felicemente, senza eccezioni, e l’ho vissuta da semplice uomo, con i momenti di gioia e i momenti difficili, con la voglia di fare bene, riuscendoci a volte e a volte fallendo miseramente. Fin da bambino, come ben sapete, la Progeria ha segnato profondamente la mia vita, sebbene non fosse che una parte piccolissima di quello che sono, non posso negare che ha influenzato molto la mia vita quotidiana e, non ultime, le mie scelte. Non so il perché e il come me ne andrò da questo mondo, sicuramente in molti diranno che ho perso la mia battaglia contro la malattia. Non ascoltate! Non c’è mai stata nessuna battaglia da combattere, c’è solo stata una vita da abbracciare per com’era, con le sue difficoltà, ma pur sempre splendida, pur sempre fantastica, né premio, né condanna, semplicemente un dono che mi è stato dato da Dio. Ho cercato di vivere più pienamente possibile, tuttavia ho fatto i miei sbagli, come ogni persona, come ogni peccatore. Sognavo di diventare una persona di cui si parlasse nei libri di scuola, una persona che fosse degna di essere ricordata ai posteri, una persona che, come i grandi del passato, quando la si nomina, lo si fa con reverenza. Non nego che, sebbene la mia intenzione era di essere un grande della storia per avere fatto del bene, una parte di questo desiderio era anche dovuto ad egoismo. L’egoismo di chi semplicemente vuole sentirsi di più degli altri. Ho lottato con ogni mia forza questo malsano desiderio, sapendo bene che Dio non ama chi fa le cose per sé, ma nonostante ciò non sempre ci sono riuscito. Mi rendo conto ora, mentre scrivo questa lettera, immaginando come sarà il mio ultimo momento nella Terra, che è il più stupido desiderio che si possa avere. La gloria personale, la grandezza, la fama, altro non sono che una cosa passeggera. L’amore che si crea nella vita invece è eterno, poiché Dio solo è eterno, e l’amore ci viene da Dio. Se c’è una cosa di cui non mi sono mai pentito, è quello di avere amato tante persone nella mia vita, e tanto. Eppur troppo poco. Chi mi conosce sa bene che non sono un tipo a cui piaccia dare consigli, ma questa è la mia ultima occasione… perciò ve ne prego amici miei, amate chi vi sta intorno, non dimenticatevi che i nostri compagni di viaggio non sono mai il mezzo ma la fine. Il mondo è buono se sappiamo dove guardare! In molte cose, come vi ho già detto, sbagliavo! Per buona parte della mia vita ho pensato che non ci fossero eventi totalmente positivi o totalmente negativi, che dipendesse da noi vederne i lati belli o i lati oscuri. Certo, è una buona filosofia di vita, ma non è tutto! Un evento può essere negativo ed esserlo totalmente! Quello che spetta a noi non è nel trovarci qualcosa di positivo, quanto piuttosto di agire sulla retta via, sopportando, e, per amore degli altri, trasformare un evento negativo in uno positivo. Non si tratta di trovare i lati positivi quanto piuttosto di crearli, ed è questo a mio parare, la facoltà più importante che ci è stata data da Dio, la facoltà che più di tutti ci rende umani. Voglio farvi sapere che voglio bene a tutti voi, e che è stato un piacere compiere la strada della mia vita al vostro fianco. Non vi dirò di non essere tristi, ma non siatelo troppo. Come ad ogni morte, ci sarà qualcuno tra i miei cari che piangerà per me, qualcuno che rimarrà incredulo, qualcuno che invece, magari senza sapere perché, avrà voglia di andare fuori con gli amici, stare insieme, ridere e scherzare, come se nulla fosse successo. Voglio esservi accanto in questo, e farvi sapere che è normale. Per chi piangerà, sappiate che è normale essere tristi. Per chi vorrà fare festa, sappiate che è normale far festa. Piangete e festeggiate, fatelo anche in onore mio. Se vorrete ricordarmi invece, non sprecate troppo tempo in rituali vari, pregate, certo, ma prendete anche dei bicchieri, brindate alla mia e alla vostra salute, e siate allegri. Ho sempre amato stare in compagnia, e perciò è così che vorrei essere ricordato. Probabilmente però ci vorrà del tempo, e se voglio veramente consolare e partire da questo mondo in modo da non farvi stare male, non posso semplicemente dirvi che il tempo curerà ogni ferita. Anche perché non è vero. Perciò vi voglio parlare schiettamente del passo che io ho già compiuto e che tutti devono prima o poi compiere: la morte. Anche a solo dirne il nome, a volte, la pelle rabbrividisce. Eppure è una cosa naturale, la cosa più naturale al mondo. Se vogliamo usare un paradosso la morte è la cosa più naturale della vita. Eppure ci fa paura! È normale, non c’è niente di male, anche Gesù ha avuto paura. È la paura dell’ignoto, perché non possiamo dire di averne avuto esperienza in passato. Pensiamo però alla morte in modo positivo: se lei non ci fosse probabilmente non concluderemo niente nella nostra vita, perché tanto, c’è sempre un domani. La morte invece ci fa sapere che non c’è sempre un domani, che se vogliamo fare qualcosa, il momento giusto è “ora”! Per un Cristiano però la morte è anche altro! Da quando Gesù è morto sulla croce, come sacrificio per tutti i nostri peccati, la morte è l’unico modo per vivere realmente, è l’unico modo per tornare finalmente alla casa del Padre, è l’unico modo per vedere finalmente il Suo Volto. E da Cristiano ho affrontato la morte. Non volevo morire, non ero pronto per morire, ma ero preparato. L’unica cosa che mi dà malinconia è non poter esserci per vedere il mondo che cambia e che va avanti. Per il resto però, spero di essere stato in grado, nell’ultimo mio momento, di veder la morte come la vedeva San Francesco, le cui parole mi hanno accompagnato tutta la vita. Spero di essere riuscito anch’io ad accogliere la morte come “Sorella Morte”, dalla quale nessun vivente può scappare. Se in vita sono stato degno, se avrò portato la mia croce così come mi era stato chiesto di fare, ora sono dal Creatore. Ora sono dal Dio mio, dal Dio dei miei padri, nella sua Casa indistruttibile. Lui, il nostro Dio, l’unico vero Dio, è la causa prima e il fine di ogni cosa. Davanti alla morte nulla ha più senso se non lui. Perciò, sebbene non c’è bisogno di dirlo, poiché Lui sa tutto, come ho ringraziato voi voglio ringraziare anche Lui. Devo tutta la mia vita a Dio, ogni cosa bella. La Fede mi ha accompagnato e non sarei quello che sono senza la mia Fede. Lui ha cambiato la mia vita, l’ha raccolta, ne ha fatto qualcosa di straordinario, e lo ha fatto nella semplicità della mia vita quotidiana. Non stancatevi mai, fratelli miei, di servire Dio e di comportarvi secondo i suoi comandamenti, poiché nulla ha senso senza di Lui e perché ogni nostra azione verrà giudicata e decreterà chi continuerà a vivere in eterno e chi invece dovrà morire. Non sono certo stato il più buono dei cristiani, sono stato anzi certamente un peccatore, ma ormai poco conta: quello che conta è che ho provato a fare del mio meglio e lo rifarei. Non stancatevi mai, fratelli miei, di portare la croce che Dio ha assegnato ad ognuno, e non abbiate paura di farvi aiutare nel portarla, come Gesù è stato aiutato da Giuseppe di Arimatea. E non rinunciate mai ad un rapporto pieno e confidenziale con Dio, accettate di buon grado la Sua Volontà, poiché è nostro dovere, ma non siate nemmeno passivi, e fate sentire forte la vostra voce, fate conoscere a Dio la vostra volontà, così come fece Giacobbe, che per il suo essersi dimostrato forte fu chiamato Israele: Colui che lotta con Dio. Di sicuro, Dio, che è madre e padre, che nella persona di Gesù ha provato ogni umana debolezza, e che nello Spirito Santo vive sempre in noi, che siamo il suo Tempio, apprezzerà i vostri sforzi e li terrà nel Suo Cuore. Ora vi lascio, come vi ho detto non amo i funerali quando diventano troppo lunghi, e io breve non sono stato. Sappiate che non potrei mai immaginare la mia vita senza di voi, e se mi fosse data la possibilità di scegliere, avrei scelto ancora di crescere al vostro fianco. Sono contento che domani il Sole spunterà ancora…. Famiglia mia, fratelli miei e amore mio, Vi sono vicino e se mi è concesso, veglierò su di voi, Vi voglio bene. Sammy PS: State tranquilli, tutto questo è solo sonno arretrato...
Sammy Basso nonostante notti difficili dovute ai farmaci sperimentali che assumeva non ha mai saltato una verifica, un impegno il giorno successivo. Il suo attaccamento alla vita e a ciò che doveva fare andava oltre il limite fisico che inevitabilmente c'era, ma che non è stato mai un alibi dietro il quale nascondersi. Lo ha reso molto felice essere trattato esattamente come tutti gli altri il giorno della sua laurea, giorno in cui come si usa in Veneto è stato ‘bombardato’ dagli amici col lancio di uova e pomodori. Sono questi alcuni degli aneddoti più significativi che racconta all’ufficio stampa Iss per la Newsletter RaraMente il suo migliore amico e vicepresidente dell’Associazione Italiana Progeria Sammy Basso, Riccardo Zanolli. Qual è un ricordo, un episodio che oltre a raccontare Sammy serve per rappresentarlo? “Abbiamo passato metà della vita assieme, di aneddoti e ricordi ne ho tantissimi ed è praticamente impossibile scegliere. Ci siamo conosciuti che avevamo 13-14 anni, ricordo ancora quando un pediatra venne a parlarci di un compagno di classe speciale che avremmo incontrato di lì a poco. Il limite di età noto per la patologia era di 13 anni e mezzo, e lui lo aveva già raggiunto. I primi anni la tendenza era pensare alle cose in un’ottica di giorno per giorno, poi ho scoperto che Sammy non era un centometrista ma un maratoneta: si poneva obiettivi lontani nel tempo, che ha poi raggiunto. Il nostro legame è diventato un rapporto di fratellanza durante il viaggio negli Usa che abbiamo fatto con i suoi genitori dopo la maturità. Ci scambiavano per fratelli. Siamo tornati dieci anni esatti prima del suo decesso. Sammy diceva che la progeria gli aveva tolto tanto in termini fisici e di possibilità, ma gli aveva al tempo stesso consentito di fare tantissime cose. Tante quante una persona normale non riesce a fare in 10 vite”. Per chi gli è stato accanto, oggi è più forte il dolore di aver perso una persona straordinaria come Sammy oppure la fortuna di averlo incontrato e conosciuto? “Sammy era coraggioso, a tratti sfrontato, e in me prevale il sentimento di fortuna per averlo conosciuto rispetto a quello del dolore. Pur essendo stato lì in un momento difficilissimo, quando è venuto a mancare, in quanto sono io che l’ho soccorso, non ho versato lacrime perché Sammy ci ha trasmesso un senso incredibile di conforto. Vivo nella consapevolezza che manca un amico, una persona amabilissima con cui parlare di qualsiasi cosa, ma nel grande conforto dato anche dalle parole riportate in alcune lettere che ha scritto per le persone care nel 2017, quando si è sottoposto a Roma a un delicatissimo intervento al cuore. Il messaggio che ne emerge è quello di una persona che sogna di migliorare il mondo. Noi che gli stavamo accanto ci eravamo col tempo disabituati all’idea che l’avventura potesse finire, piuttosto eravamo abituati a vederlo riuscire fare cose incredibili. Al tempo stesso lui amava le cose semplici della vita e la sua cura è stata vivere serenamente”. Cosa è nato dalla sua attività? Posso affermare con certezza che è stato dato impulso alla ricerca sulla progeria. Magari si sarebbe fatta ugualmente, ma non in modo così determinante. Ai genitori, quando è stato dato il responso dopo due anni di vita sulla malattia del figlio, è stato detto: l’età nota di sopravvivenza è di 13 anni e mezzo, godetevi vostro figlio. Ma loro, Laura e Amerigo, non lo hanno mai messo sotto una campana di vetro e lo hanno lasciato sbocciare. Hanno fatto di più, hanno creato un’associazione. Prima del nostro impegno la ricerca su questa malattia era praticamente inesistente. Oggi molte equipe in tutto il mondo hanno preso come esempio questa malattia come case study viste le pesanti condizioni dei pazienti. Le più pionieristiche tecniche di ingegneria genetica (es. CRISPR/Cas9) e le migliori menti del mondo della ricerca (tra gli altri David R. Liu, collega di Sammy negli ultimi anni) sono oggi a disposizione della ricerca su progeria. La condizione di Sammy, di paziente e appassionato di scienza, lo ha portato ad un percorso accademico in cui tante linee si sono incrociate ed hanno portato ad una storia sensazionale. L’obiettivo della cura definitiva che noi e la Progeria Research Foundation ci siamo posti si sta avvicinando.
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