Roma  18 gennaio 2022 Newsletter  n° 28
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RaraMente

Newsletter dedicata al mondo delle malattie rare, frutto della collaborazione fra l'Istituto Superiore di Sanità e Uniamo Federazione Italiana Malattie Rare.

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editoriale


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18 gennaio 2022

Le malattie rare in Africa: tante le sfide in un contesto in cui stigma e superstizione fanno la loro parte. Il punto nel recente summit in Ghana

di Samuel Agyei Wiafe, Founder/Executive Director, Rare Disease Ghana Initiative

Si è da poco svolto il Summit africano sulle malattie rare, organizzato dalla Rare Disease Ghana Initiative (RDGI), in collaborazione con Rare Diseases International (RDI), che ha riunito ad Accra, in Ghana (e online), nel dicembre scorso, i principali stakeholder del sistema malattie rare a livello mondiale. Un evento di portata storica per l’immenso Continente Nero perché se l’obiettivo è stato il medesimo di quello di altri consessi del genere, ovvero promuovere lo scambio di informazioni e best practices per affrontare le sfide poste dalle malattie rare, qui, più che altrove, le medesime sfide sono declinate (e dunque rese più complicate) su realtà differenti.

E sono molteplici: da sistemi sanitari che differiscono da paese a paese e che perciò rendono difficile il raggiungimento di un'armonizzazione delle cure a livello regionale e nazionale, ai bassi livelli di conoscenza e consapevolezza su queste patologie tra le stesse persone e istituzioni coinvolte, in particolare tra i medici, fino alle carenze governative a causa di priorità sanitarie concomitanti e concorrenti, tra cui il doppio, pesante onere delle malattie infettive e non trasmissibili. Molte organizzazioni e aziende farmaceutiche, poi, focalizzate sulle malattie rare si sono concentrate in gran parte sui paesi occidentali e hanno trascurato molti dei paesi in via di sviluppo, tra cui vari stati africani dove non sono accessibili i servizi e le tecnologie necessari per la diagnosi e il trattamento delle malattie rare. Mancano infrastrutture e centri di expertise; gli investimenti e, perciò, la ricerca e la disponibilità di dati sono carenti. In generale, la maggior parte dei sistemi sanitari, oltre a mancare di standard diagnostici e terapeutici, non dispone di risorse sufficienti per soddisfare i bisogni della comunità delle malattie rare.  Per cui è difficile porre le basi o rafforzare le opportunità per una maggiore equità nell’accesso ai servizi sanitari e sociali a beneficio dei pazienti che vivono con una malattia rara o non diagnosticata.

A tutto ciò va aggiunta una buona dose di superstizione e stigma che accompagna il malato per tutta la vita e che è difficile da smantellare. Le credenze superstiziose tra molti africani sono infatti esse stesse un ostacolo alle cure e molte famiglie impiegano svariato tempo a cercare risposte attraverso riti religiosi. Lo stigma, poi, è un problema enorme in Africa. Molti credono che le malattie rare siano maledizioni e punizioni dei peccati delle famiglie colpite. Di solito, le persone nella comunità non vogliono associarsi alle famiglie che vivono con malattie rare e molte volte, alle famiglie non rimane altra scelta che nascondere la persona malata o, nel caso peggiore, ucciderla. Per combattere questo, abbiamo bisogno di una maggiore consapevolezza ed educazione dell’opinione pubblica. 

Tuttavia, qualcosa si muove nella giusta direzione e non mancano gli esempi virtuosi: in tutta l'Africa, stanno emergendo gruppi di pazienti che collaborano sempre più con altre parti interessate, mentre in Ghana opera la Rare Disease Ghana Initiative, l’organizzazione nazionale senza scopo di lucro che guida l’advocacy e coordina le cure per le persone che vivono con malattie rare e non diagnosticate (e che è membro dell’ Undiagnosed Diseases Network International – UDNI co-coordinato dal Centro Nazionale Malattie Rare dell’ISS). Oltre a me, Kelly Du Plessis di Rare Disease South Africa, è stata ed è una sostenitrice e una leader della comunità delle malattie rare in Africa. E poi, Eda Sebatso di Bostwana Organizations for Rare Disorders e Christine Mutena di Rare Disorders Kenya hanno fatto molto per le loro comunità. Recentemente, il dottor Aime Lumaka, membro di UDNI e dell'Africa Rare Disease Initiative che guida anche il gruppo di lavoro sulle malattie rare di H3Africa (Human Heredity & Health in Africa, un progetto che punta a rendere i ricercatori africani competitivi nelle scienze genomiche, alimentando collaborazioni e generando dati utili a migliorare la salute delle popolazioni africane) sta facendo passi da gigante nel rafforzare l'infrastruttura di ricerca per le patologie rare nel nostro continente. La professoressa Shashida Moosa, membro di UDNI, e il suo team della Rare Disease Genomics South Africa stanno facendo molti progressi in quest’ambito. Il team della FYMCA (un’azienda medica che fornisce consulenza in tema di malattie rare in tutto il mondo), sebbene abbia sede nel Regno Unito, ha focalizzato il suo lavoro sugli sforzi di capacity building in Africa, formando professionisti della salute e sostenitori dei diritti dei pazienti e fornendo consulenza e sostegno alla cura delle malattie rare in molte parti del continente. 

Al Summit ha partecipato anche Domenica Taruscio, direttore del CNMR-ISS, in qualità di co-coordinatrice del Gruppo di lavoro (GdL) di UDNI dedicato ai paesi in via di sviluppo; la dr.ssa Taruscio ha illustrato lo stato dell’arte dello studio realizzato nel GdL e ora in fase di elaborazione per la pubblicazione.

Questo che si è svolto ad Accra è stato il terzo incontro dopo i due precedenti tenuti in Sudafrica che hanno portato alla pubblicazione di un paper sulla prestigiosa rivista Nature Genetics (A call for global action for rare diseases in Africa).

Prevediamo e auspichiamo molti altri di questi meeting che aiutano a fare il punto sulla situazione delle malattie rare in Africa al fine di individuare soluzioni per migliorare i nostri sistemi sanitari e, dunque, la vita delle persone. 

Per approfondire: Conference Summary Report


Rare diseases in Africa: many challenges in a context in which stigma and superstition play their part. The point of the recent summit in Ghana

The Summit africano sulle malattie rare, organized by the Rare Disease Ghana Initiative (RDGI), in collaboration with Rare Diseases International (RDI), was recently held in Accra, Ghana (and online) last December, bringing together the main stakeholders of the rare disease system on a global level. It was a historic event for the immense Dark Continent, because if the objective was the same as that of other similar meetings, i.e. to promote the exchange of information and best practices to address the challenges posed by rare diseases, here, more than elsewhere, the same challenges are declined (and therefore made more complicated) on different realities.

And they are many: from health systems that differ from country to country and therefore make it difficult to achieve harmonization of care at regional and national levels, to low levels of knowledge and awareness of these diseases among the very people and institutions involved, particularly among physicians, to governmental failures due to concurrent and competing health priorities, including the double, heavy burden of infectious and non-communicable diseases. Many rare disease-focused organizations and pharmaceutical companies, then, have focused largely on Western countries and have neglected many of the developing countries, including some African states where the services and technologies needed to diagnose and treat rare diseases are not accessible. Infrastructure and centers of expertise are lacking; investment and, therefore, research and data availability are lacking. In general, most health systems not only lack diagnostic and therapeutic standards, but also lack sufficient resources to meet the needs of the rare disease community.  Thus, it is difficult to lay the groundwork or strengthen opportunities for greater equity in access to health and social services for the benefit of patients living with a rare or undiagnosed disease.

To all this must be added a good dose of superstition and stigma that accompanies the patient throughout his or her life and is difficult to dismantle. Superstitious beliefs among many Africans are, in fact, themselves an obstacle to treatment and many families spend a great deal of time searching for answers through religious rituals. Stigma, then, is an enormous problem in Africa. Many believe that rare diseases are curses and punishments for the sins of the families affected. Usually, people in the community do not want to associate with families living with rare diseases and many times, families are left with no choice but to hide the sick person or, in the worst case, kill them. To combat this, we need more public awareness and education. 

However, something is moving in the right direction, and there is no shortage of good examples: across Africa, patient groups are increasingly emerging to collaborate with other stakeholders, and in Ghana, the Rare Disease Ghana Initiative, the national nonprofit organization that leads advocacy and coordinates care for people living with rare and undiagnosed diseases (and is a member of the  Undiagnosed Diseases Network International - UDNI co-coordinated by the ISS CNMR), is operating. In addition to myself, Kelly Du Plessis of Rare Disease South Africa, has been and is an advocate and leader in the rare disease community in Africa. And then, Eda Sebatso of Bostwana Organizations for Rare Disorders and Christine Mutena of Rare Disorders Kenya have done much for their communities. Recently, Dr. Aime Lumaka, member of UDNI and of the Africa Rare Disease Initiative, who also leads the  H3Africa  Rare Disease Working Group (Human Heredity & Health in Africa, a project that aims to make African researchers competitive in genomic sciences by nurturing collaborations and generating useful data to improve the health of African populations) is making great strides in strengthening the research infrastructure for rare diseases on our continent. Professor Shashida Moosa, member of UDNI and her team at Rare Disease Genomics South Africa are making much progress in this area. The team at FYMCA  (a medical company that provides rare disease advice worldwide), although based in the UK, has focused its work on capacity building efforts in Africa, training health professionals and patient rights advocates and providing advice and support for rare disease care in many parts of the continent. 

The Summit was also attended by Domenica Taruscio, director of CNMR-ISS, as co-coordinator of the Working Group (WG) of UDNI dedicated to developing countries; Dr. Taruscio illustrated the state of the art of the study carried out in the WG and now being processed for publication.

This was the third meeting held in Accra after the two previous ones held in South Africa that led to the publication in the prestigious journal Nature Genetics (A call for global action for rare diseases in Africa).

We anticipate and look forward to many more of these meetings that help take stock of the situation of rare diseases in Africa in an effort to find solutions to improve our health systems and, therefore, people's lives. 

 For further information: Conference Summary Report

 

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