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Malattie rare, donne in prima linea. Presentato il primo libro bianco sulle pazienti e sulle caregiver

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In Italia sono più di due milioni le donne che hanno a che fare quotidianamente con una malattia rara, oltre un milione come pazienti e altrettante come caregiver di un familiare, molto spesso un figlio o una figlia. Il 70% di queste patologie insorge, infatti, in età pediatrica (un milione e 400mila pazienti si trovano in questa fascia d’età): di loro si occupa prevalentemente la mamma, in un’identificazione totale con la malattia e con il carico assistenziale che ne consegue. Lo rivela il primo Libro Bianco italiano, che raccoglie informazioni, dati e testimonianze di pazienti e caregiver, presentato di recente in Senato in occasione dell’evento conclusivo della campagna “Women in Rare - la centralità delle donne nelle malattie”. Con l’obiettivo, proprio, di costruire una banca dati che possa fornire a tutti gli stakeholder del settore un quadro della condizione femminile e supportare così le aspettative e i bisogni insoddisfatti delle pazienti e delle caregiver.

Il progetto, ideato nel 2023 e promosso da Alexion, AstraZeneca Rare Disease insieme a UNIAMO con la partecipazione di Fondazione Onda Ets, EngageMinds Hub e Altems dell’Università Cattolica, ha rilevato l’impatto della malattia rara nelle diverse sfere di vita. Ad esempio, in relazione al contesto economico-finanziario, il 42% delle donne con malattia rara intervistate ha dichiarato un cambiamento della propria situazione economica dopo la diagnosi, con un peggioramento in otto casi su 10: nel 77% dei casi le spese in più sono associate ai trattamenti medici, incluse le spese legate a viaggi per poter accedere a terapie e controlli (23%), mentre nel 19% dei casi a necessità relative alla gestione della casa e della famiglia. È stato inoltre calcolato che le donne perdono in media 45,46 giorni di lavoro l’anno, corrispondenti a quasi quattro giorni al mese. Anche per quanto riguarda le caregiver, il 65% ha riferito che la diagnosi di malattia rara del proprio figlio, ha portato a un peggioramento della situazione economica con ripercussioni psicologiche nel 78%. Le spese aggiuntive sono da imputare nel 69% dei casi a trattamenti medici, compresi i viaggi per poter accedere a cure e controlli (22%), e nel 28% dei casi alla gestione della casa e della famiglia. Per loro, in media, i giorni di lavoro persi sono 43,67 l’anno, circa 3,64 al mese.

In relazione alla sfera relazionale delle pazienti, viene riportato un impatto del 67% sulle attività sociali e del 66% sulle relazioni che risultano diminuite in seguito alla diagnosi (46%). Nello stesso tempo emerge, però, come le relazioni delle pazienti, seppur diminuite, siano migliorate qualitativamente. La malattia è infatti, oltre che un evento drammatico, anche un’opportunità per rivedere priorità e valori. E questo è vero sia per le pazienti che per le caregiver. La patologia, inoltre, ha avuto impatto sulla cura di sé: il tempo da dedicare alla cura dei capelli (38%), della propria pelle (43%), alla scelta dell’abbigliamento (41%), al trucco (35%), come anche all’attività fisica (64%). Nell’88% dei casi, poi, la malattia ha causato cambiamenti fisici che hanno influenzato in modo rilevante la propria autostima (61%) e la percezione di sé stesse (59%).

Dal lato delle caregiver, emerge come il senso di colpa sia un sentimento che le accompagna spesso, legato alla possibilità di “sbagliare” nello svolgere il proprio ruolo. Questo si manifesta ad esempio, dopo essersi arrabbiate (78%) o per aver rimproverato il proprio figlio/a (74%). E poi, i sensi di colpa per il modo in cui si sono comportate con il proprio figlio/a (76%) e per le azioni che potrebbero aver compiuto in modo errato (71%), per non riuscire sempre ad affrontare le sfide che il proprio ruolo richiede, sentendosi perciò inadeguate, non all’altezza (84%). Nutrono anche un senso di colpa quando dedicano del tempo a sé stesse. il 50% dichiara di aver provato sensi di colpa per essere uscita a fare qualche attività piacevole, come cenare in un ristorante, e il 47% delle caregiver si sente in colpa per aver svolto delle attività senza tenere conto del figlio/a. Nonostante ciò, l’89% delle rispondenti ritiene di star facendo un buon lavoro.

Women in Rare - la centralità delle donne nelle malattie

  • Data di pubblicazione 24 aprile 2024
  • Ultimo aggiornamento 24 aprile 2024