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Fibrosi cistica e COVID-19: pubblicato uno studio internazionale sui fattori associati a forme severe di infezione in persone con fibrosi cistica

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Tra i pazienti con fibrosi cistica (FC) che hanno contratto il virus SARS-CoV-2, coloro che sono stati sottoposti a trapianto e coloro che avevano una ridotta funzione respiratoria hanno mostrato esiti più severi di infezione, mentre in chi è stato trattato con farmaci innovativi (CFTR modulators) per FC si notava una significativa riduzione del rischio di ospedalizzazione con trattamento di ossigeno con conseguente riduzione degli esiti peggiori del COVID-19. Un’evidenza che supporta le politiche a livello globale legate al recepimento di questa terapia da parte di tutti i pazienti che possono beneficiarne e che è stata descritta nello studio apparso sul Journal of Cystic Fibrosis da ricercatori provenienti da 22 paesi (tra i quali Marco Salvatore, del CNMR dell’ISS), membri del “CF Registry Global Collaboration”. Un registro, quest’ultimo, finalizzato a uniformare e standardizzare le variabili collezionate, le modalità di raccolta, i protocolli, in definitiva, gli obiettivi di tutti i registri di fibrosi cistica a livello mondiale.

Questi i principali risultati descritti nello studio:

1.     tra i pazienti non sottoposti a trapianto, circa il 40% di quelli con un indice di ppFEV1 (valore impiegato per stimare la capacità polmonare di un paziente) inferiore al 40% era ospedalizzato a causa della infezione da COVID-19;

2.     esiti peggiori dell’infezione da virus erano associati in maniera indipendente all’età avanzata del paziente, alla sua etnia, a bassi indici di massa corporea o a diabete correlato con la patologia;

3.     i pazienti sottoposti a trapianto polmonare erano associati a un rischio di ospedalizzazione con richiesta di ossigeno terapia (21.9%) maggiore di quello osservato nei pazienti non trapiantati (8.8%);

4.     nei pazienti sottoposti a trattamento con farmaci innovativi (CFTR modulators) per fibrosi cistica si notava una significativa riduzione del rischio di ospedalizzazione con trattamento di ossigeno e di relativi esiti infausti.

 Lo studio

L’indagine si è basata sulla raccolta di informazioni collezionate su tutti i casi di diagnosi di SARS-CoV-2 registrati dai singoli paesi partecipanti attraverso i rispettivi registri di patologia o attraverso specifiche schede di arruolamento nel periodo compreso fra il 1 febbraio 2020 e il 13 dicembre 2020. Tutti i casi erano de-identificati e quindi non riconducibili ad alcun paziente.

Le variabili prese in considerazione comprendevano: età, sesso, genotipo del paziente, gravidanza, paziente sottoposto a trapianto. Inoltre, venivano raccolte informazioni circa lo stato di salute immediatamente precedente alla contrazione del virus in termini di funzione polmonare, indice di massa corporea, insulino-dipendenza, infezione (intermittente o cronica) da Pseudomonas aeruginosa, insufficienza pancreatica, ipertensione sistemica, uso di farmaci innovativi. La definizione di “infezione severa” in questo studio era legata alla necessità di ospedalizzazione con trattamento di ossigeno terapia.

Il totale di casi riportati nello studio era di 1.452 (la stima della popolazione mondiale affetta da fibrosi è di 88.000 persone): il 30% dei casi aveva un’età inferiore ai 18 anni e il 9,4% era stata sottoposta a trapianto polmonare. Il 74,5% dei pazienti era sintomatico e il 22% era stato ospedalizzato.

Il background

 A seguito del dilagare della pandemia da SARS-CoV-2 in Italia, dal febbraio del 2020 il Registro Italiano Fibrosi Cistica (RIFC) si è mobilitato per raccogliere dati su pazienti con fibrosi cistica positivi al virus SARS-CoV-2. Questa prima fase di raccolta dati è avvenuta attraverso l’impiego di una scheda online appositamente realizzata che i centri potevano compilare in maniera del tutto anonima e non obbligatoria. I dati relativi alla prima e seconda ondata pandemica in Italia sono stati pubblicati in una letter inviata alla rivista Journal of Cystic Fibrosis.

Nel periodo febbraio – dicembre 2020 risultavano positivi al virus 87 pazienti con FC afferenti ai Centri italiani di riferimento e supporto per la fibrosi cistica (secondo la legge 548 del 1993).

A seguito del protrarsi della pandemia e delle crescenti richieste dati da parte del registro fibrosi cistica europeo (con il quale il RIFC collabora da anni) e del gruppo Global Harmonization Registry Data Group, impegnati nello studio dell’andamento epidemiologico del virus rispettivamente a livello europeo e mondiale, dal mese di marzo 2021 il RIFC ha incluso, tra le cartelle contenenti le variabili abitualmente collezionate, una sezione interamente dedicata alla raccolta dati sul COVID-19.

Le collaborazioni con i gruppi di lavoro internazionali hanno portato a diversi studi scientifici (disponibili sul sito del registro italiano fibrosi cistica) fra cui l’ultimo pubblicato sul  Journal of Cystic Fibrosis (“Factors associated with clinical progression to severe COVID-19 in people with cystic fibrosis: A global observational study”). 

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  • Data di pubblicazione 18 luglio 2022
  • Ultimo aggiornamento 18 luglio 2022