Roma 15 giugno 2022 | Newsletter n° 38 |
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RaraMente |
Newsletter dedicata al mondo delle malattie rare, frutto della collaborazione fra l'Istituto Superiore di Sanità e Uniamo Federazione Italiana Malattie Rare. Se vuoi scriverci o segnalare un'iniziativa, manda una e-mail a: newsletter.mr@iss.it
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editoriale |
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15 giugno 2022
Il lavoro per le persone con malattia rara |
A cura di UNIAMO |
Riportiamo la pubblicazione ”Il lavoro per le persone con malattia rara. Le Effemeridi di UNIAMO 2” che illustra i risultati delle discussioni promosse da UNIAMO in un tavolo di lavoro multi-stakeholder rispetto alla situazione lavorativa delle persone con malattia rara, alle loro aspettative e aspirazione e alle necessità di correttivi legislativi per migliorare la situazione generale. Per le persone che hanno una malattia rara e, più in generale, con disabilità, il lavoro è molto importante perché permette di vivere la società e le relazioni in maniera egualitaria. L’inclusione lavorativa, però, ha bisogno di una certa attenzione da parte di tutti, ognuno per il ruolo che riveste cercando tutti insieme di interagire attraverso una strategia unitaria, o meglio cercando di contribuire a costruirne le condizioni. Un cambiamento che, seppur avviato nel tempo, dal nostro punto di vista ad oggi non si è concretizzato. Ogni individuo, date le proprie condizioni di salute, può trovarsi in un ambiente con caratteristiche che possono limitare o restringere le proprie capacità funzionali e di partecipazione sociale. Il bisogno di una qualunque persona con disabilità è quello, soprattutto, di trovare un contesto ambientale idoneo (es. quello lavorativo) a “ridimensionare” la sua disabilità, perché è il contesto che può fare la differenza tra il sentirsi o non sentirsi disabile (tra il sentirsi o non sentirsi ammalato con una patologia rara). Insomma, un contesto ambientale accessibile, come è nel dettato della Convenzione ONU sui diritti della persona con disabilità. Pur avendo alcune limitazioni nelle funzioni motorie e/o sensoriali nella vita quotidiana, visibili o invisibili (la persona appare perfettamente normale), le persone colpite da malattia rara possono, comunque, essere proficuamente inserite in un ambito lavorativo, diventando una risorsa per la società e non un peso. Le disabilità nel mondo delle malattie rare si dividono principalmente in 4 tipologie: sensoriali, motorie, cognitive, psichiche. Il perseguimento di finalità economiche fa sì che il mondo della disabilità sia sempre più difficile da conciliare con quello del lavoro, soprattutto se la disabilità è legata alla sfera cognitiva. Il grado di disabilità ha, ovviamente un ruolo predominante ai fini dell’inclusione. Il criterio di inclusione e di pari opportunità viene soddisfatto solo quando viene garantita l’accessibilità e la partecipazione di tutti, anche delle minoranze, in tutti i contesti di vita senza discriminazioni. Le aziende tendono ad assumere, per ottemperare all’obbligo di legge sulle categorie protette, le persone con il minore grado di invalidità possibile, spesso solo fisica, per conciliare il soddisfacimento dell’obbligo legislativo con le esigenze di produttività. Tra le criticità evidenziate, un grande limite è la mancanza di una figura esperta di disabilità, riconosciuta a livello legislativo, che collabori con le aziende, per favorire l’inclusione lavorativa dei soggetti fragili, seguendo al contempo l’ultima fase di formazione scolastica della persona con disabilità, valutando quindi le sue oggettive capacità e abilità e scegliendo la collocazione lavorativa più attinente al suo percorso e alle sue inclinazioni e possibilità. L’inclusione lavorativa dovrebbe essere, infatti, curata da una persona formata, in continuo aggiornamento, come il disability manager, che si occupi non solo di aiutare nel processo di collocamento delle persone con disabilità nei vari contesti lavorativi, scegliendo quello più adeguato alla persona, sia questa un’azienda o una cooperativa, ma che si preoccupi anche di promuovere un percorso di sensibilizzazione all’interno dei vari contesti e di favorire la partecipazione di tutti i lavoratori a corsi di formazione atti a migliorare l’inclusione ed alla costituzione di un gruppo di lavoro in cui la persona con disabilità sia pienamente inserita. Altre criticità emerse sono legate ai problemi sulla sicurezza sul lavoro: pensiamo ad esempio alle aziende manifatturiere ed ai pericoli durante la lavorazione su macchinari di produzione connesso ad una scarsa valutazione del rischio o alla necessità di supervisione per il corretto svolgimento della mansione assegnata, che frena la disponibilità di assunzione delle aziende oppure la mancanza di una figura professionale dedicata e riconosciuta, che si occupi dell’inserimento della persone con disabilità all’interno dell’azienda. La persona con malattia rara riscontra spesso difficoltà nello svolgere il lavoro se non contestualizzato in un ambiente accessibile (se così fosse veramente, la persona si troverebbe nelle condizioni di dare il massimo) oltre ad atteggiamenti discriminatori soprattutto nelle situazioni in cui le problematiche sono invisibili: la persona colpita da patologia può apparire in benessere sia esternamente sia a livello di comportamento (malato invisibile). Alle criticità personali si aggiungono anche quelle legate ai limiti interni dell’azienda come, ad esempio, la scarsa conoscenza della patologia, l’impreparazione all’accoglienza, un comportamento compassionevole che non valorizza le potenzialità del singolo con una conseguente destabilizzazione rispetto al lavoro da svolgere, ansia da prestazione, sentimenti di solitudine. Inoltre, si segnalano criticità nel collocamento mirato e quindi nella legge 68/99, infatti pur regolarmente iscritte manca il ricontatto da parte dell’ufficio di competenza. Rafforzare e rendere efficiente il sistema di controllo, oppure aumentare i benefici economici statali per le aziende. Per superare le difficoltà che sono state riscontrate nella nostra analisi, sono state formulate alcune proposte presentate al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando. A questo proposito sono state sviluppate alcune buone prassi in diverse parti d’Italia. Riportiamo a titolo esemplificativo l’esempio della Società della Salute di Firenze. Qualche anno fa è stato sperimentato un progetto di tutoraggio che prevedeva il supporto, durante l’ultimo anno di scuola superiore, di una figura che seguiva la persona e ne individuava le caratteristiche principali. La stessa figura accompagnava quindi questa persona negli inserimenti lavorativi, facilitando i rapporti con i colleghi e individuando le procedure da semplificare per poter essere alla portata della persona con disabilità. Con questo sistema sono stati drasticamente implementati il numero di inserimenti lavorativi che hanno avuto successo. La riflessione che ne segue è che molte persone con disabilità, anche cognitiva, hanno la necessità di un primo percorso di accompagnamento al lavoro, per poi poter procedere in autonomia. Questo percorso dovrebbe essere accompagnato da un team multidisciplinare che possa valutare i punti di forza, le aree con necessità di maggior supporto, ma anche le modalità di approccio ai colleghi, che devono essere coinvolti nel processo di inserimento lavorativo per poter considerare la persona una risorsa e non un peso o peggio un ostacolo allo svolgimento delle normali attività lavorative. Una ulteriore proposta, presentata dall’Agenzia Andel, ha riscosso il consenso anche della comunità delle persone con malattia rara. A oltre venti anni dall’approvazione della legge 68/99, le stesse istituzioni responsabili dell’attuazione di quella importante legge riconoscono che essa ha rappresentato una grande occasione perduta. A questa crisi – denunciata dallo stesso Ministro Orlando (audizione XI Commissione Camera del 22 aprile) – occorrerebbe rispondere con un suo rilancio. Il più grande limite del collocamento mirato oggi è la frammentazione regionale e locale che ha avuto l’effetto di accrescere la sperequazione territoriale nell’accesso al lavoro delle persone disabili (cioè nell’accesso a un diritto fondamentale). Occorre quindi recuperare uno spazio importante alla funzione di direzione e coordinamento del Ministero competente e dell’ANPAL. La proposta è quella di riservare al collocamento mirato una quota (basterebbe l’8%) delle ingenti risorse assegnate oggi al Programma GOL e subordinare l’erogazione dei fondi ai destinatari (incluse le regioni) all’attuazione di alcune linee di indirizzo: la prima linea di indirizzo dovrebbe essere l’adozione delle migliori pratiche, fra le quali il sistema dotale, le adozioni lavorative, le convenzioni di cui all’articolo 14 del d. lgs. 276 del 2003, etc. Ovviamente, il Ministero dovrebbe previamente elencare e codificare le buone pratiche (come peraltro già disposto dall’art. 1, comma 1, lettera f del dlgs 151/2015, e mai attuato). La seconda linea di indirizzo è quella di attivare programmi di riqualificazione del personale che opera negli uffici del collocamento mirato. La terza è quella di definire programmi specifici per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità complesse (disabili psichici, intellettivi, persone colpite da malattie rare). Infine, la quarta linea di indirizzo dovrebbe consistere nella sussidiarietà con il Terzo settore. E’ infatti evidente che ormai il sistema amministrativo che dovrebbe reggere l’inclusione lavorativa delle persone disabili non ha la forza e la competenza necessari a tale compito. Il Tavolo è antecedente al DM 43 dell'11 marzo 2022 " Linee Guida in materia di collocamento mirato delle persone con disabilità " dove sono state accolte le istanze presentate dalle Associazioni. |
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