Roma 21 aprile 2022 | Newsletter n° 34 |
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Newsletter dedicata al mondo delle malattie rare, frutto della collaborazione fra l'Istituto Superiore di Sanità e Uniamo Federazione Italiana Malattie Rare. Se vuoi scriverci o segnalare un'iniziativa, manda una e-mail a: newsletter.mr@iss.it |
editoriale |
21 aprile 2022
La transizione dall’età pediatrica a quella adulta: il modello “Gemelli” |
di Giuseppe Zampino - responsabile delle Malattie Rare – FPUG, e Angelo Carfì - responsabile del DH Transizione delle Malattie Rare – FPUG |
La sopravvivenza nell’età adulta delle persone con malattie rare ad esordio pediatrico o neonatale è oggi diventata una realtà importante e ha fatto emergere la necessità di coinvolgere la medicina dell’adulto. Il passaggio dall’età pediatrica a quella adulta comporta però una serie complessa di transizioni, alcune proprie della persona e della sua famiglia, altre dell’evolversi della malattia e della trasformazione dei bisogni del paziente, altre dei contesti e degli ambienti di cura, altre ancora delle competenze ed esperienze dei professionisti. Ognuno di questi passaggi è caratterizzato da specifiche difficoltà. Ad esempio, il processo di acquisizione di indipendenza, che è un obiettivo importante, per alcune persone con malattia rara e disabilità intellettiva può non avvenire. Per le famiglie che sono state lungamente protagoniste dell’assistenza e che si sono assunte l’onere delle decisioni e dell’attuazione di molte attività di cura, è particolarmente difficile rinunciare a questo ruolo. La transizione determina un cambiamento degli interlocutori, bisogna lasciare quelli con i quali in passato e per lungo tempo si era instaurato un rapporto di confidenza e, con il loro avvicendamento, bisogna ricostruire nuove relazioni. Spesso, inoltre, questi interlocutori non si trovano, poiché la medicina dell’adulto non ha acquisito adeguata esperienza nei confronti delle malattie rare. Non ultimo, bisogna trovare ambienti idonei dove i pazienti vengano gestiti. Questa premessa è necessaria per comprendere come il problema della transizione è drammaticamente pressante e ancora irrisolto, non solo in Italia. Nel tentativo di ovviare a questa difficoltà spesso si ritarda il passaggio, prolungando l’“essere bambino” anche al di là di quanto sarebbe logico e opportuno, con la conseguente sottostima dell’impatto di una serie di nuovi bisogni di salute e non solo. Per molte malattie rare disabilitanti, la gestione del paziente viene fatta capitalizzando sulle problematiche cliniche comuni, indipendentemente dalla condizione. La pediatria ha sviluppato un’attitudine alla gestione del bambino fragile complesso racchiusa nella definizione di “pediatra della disabilità”. Lo specialista della medicina dell’adulto maggiormente propenso a una gestione della disabilità e della fragilità è il geriatra, definibile come il “medico della disabilità”. Inoltre il geriatra ha esperienza nell’utilizzare sistemi di valutazione multidimensionale che permettono una visione olistica della cronicità. Ha esperienza e sa gestire il rapporto tra ospedale e territorio, poiché è sul territorio che avviene la presa in carico del paziente cronico. La geriatria ha contemporaneamente esperienza nelle problematiche internistiche e del decadimento intellettivo, e questo la rende più performante rispetto alla tipologia di questi pazienti. Partendo da queste premesse, nella Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli (FPUG) IRCCS di Roma, il Centro Malattie Rare e Difetti Congeniti della Unità Operativa Complessa (UOC) di Pediatria e l’Unità di Continuità Assistenziale della Geriatria, hanno costruito negli anni un modello di transizione del paziente con sindromi malformative. I “profili” delle malattie rare sono molto più eterogenei e dinamici rispetto alla cronicità valutata dal geriatra, pertanto c’è stata la necessità di un adattamento culturale del geriatra mediante formazione ad hoc. Per una efficace presa in carico è infatti indispensabile che non solo il pediatra ma anche il medico dell’adulto conosca la storia naturale della patologia e sia esperto nella valutazione della intrinseca peculiarità e della complessità biologica della persona ammalata. A questo si aggiunge la necessaria esperienza nella gestione della grande variabilità dei fenotipi cognitivi, funzionali e del contesto sociale, e la competenza nella prioritizzazione dei bisogni e dei guadagni raggiungibili in termini di salute. Possiamo perciò così descrivere il modello “Gemelli”: · il processo inizia con una valutazione comune del paziente e della famiglia da parte del pediatra, del geriatra e del case-manager. Momento necessario per introdurre alla famiglia il nuovo curante, ma anche per introdurre al nuovo curante le problematiche attive e quelle da sorvegliare del paziente. · Individuate le problematiche da affrontare, si pianificano gli interventi e la rete di specialisti necessari. · La rete multispecialistica, già strutturata per la gestione dei bambini e giovani adulti con condizioni sindromiche rare, necessita di integrazione di specialisti che hanno competenza sulle patologie dell’adulto. · Le attività vengono attuate preferenzialmente nel Day Hospital della UOC di continuità assistenziale. · La figura di case manager è in grado di mettere a proprio agio, guidare, accogliere e coordinare le cure. Il case manager rappresenta il punto di contatto tra il paziente, la famiglia, il territorio e l’ospedale. È inoltre la figura che assicura il coordinamento dei medici coinvolti nella gestione del paziente. In casi selezionati, il case manager organizza e coordina le visite anche da remoto in tecno-assistenza. Non ultima la considerazione che il paziente adulto con malattia rara e disabilità ha genitori anziani: questo significa che il geriatra può prendere in cura tutta la famiglia, garantendo strategie che permettano un contenimento del deterioramento fisico e mentale e il mantenimento di un buon stato di salute anche dei genitori. |
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